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Banari, in 570 per dire no allo spopolamento e difendere l’identità delle comunità locali

di Redazione
5 Agosto 2018
in Costume & Società, Sardegna
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Banari è nella storia. Il piccolo paese della provincia di Sassari, nel Nord Sardegna, ricorderà a lungo questa data: 4 agosto 2018. Ieri sera la centralissima piazza San Giacomo è stata teatro di “Il ritratto di gruppo più grande del mondo”. È la fotografia più grande mai dedicata a una comunità locale. Nessuno aveva mai messo insieme tutti gli abitanti di un paese per uno scatto del genere. Grazie al click del fotografo Marco Ceraglia, Banari aspira a entrare nel libro dei record: la documentazione passerà al vaglio del Guinnes dei primati. Ma al di là di quella certificazione, il paese da oggi sarà ricordato per un primato originale: i suoi abitanti, praticamente tutti, oggi hanno partecipato allo scatto di portata storica. E i residenti che non hanno potuto prendere parte all’evento sono stati compensati dai tantissimi banaresi che vivono in altre parti dell’isola, o oltre Tirreno, se non addirittura in terre lontane. Come Aurelio Piu, 78 anni, da 52 emigrato a Greenwich, nel Connecticut, Stati Uniti d’America, che non ha voluto mancare l’appuntamento con la storia. Vestito di tutto punto, commosso, ha baciato la pavimentazione della piazza, ha preso il suo numero e si è diligentemente messo in posa nella tribuna in cui – tra amministratori, autorità civili e religiose, attori culturali, sociali, economici e sociali – alla fine erano in 570. In primissima fila Diego Cordedda, 96 anni, il più anziano dei figuranti, in possa tra la moglie Gerolama Pais, 89 anni, e la figlia, Michelina Cordedda.

Per allestire il set di piazza San Giacomo, è stata realizzata un’arena leggermente curva, 27 metri di lunghezza per 6 metri di profondità, sviluppata in altezza grazie alla realizzazione di 10 gradoni. La postazione fotografica è stata allestita su un piano rialzato a circa 3 metri da terra, sul terrazzino di una casa privata, contenente due apparati principali di ripresa: un apparecchio analogico a banco ottico Sinar, che ha lavroato con delle lastre per il negativo a colori di formato 4×5”, e un apparato digitale che ha il suo cuore nella prestigiosa Hasselblad H6D 100, portata a Banari e gestita dallo sponsor tecnico della manifestazione. Si tratta di Giuseppe Friuli, responsabile di DGtales, importatore italiano di questo tipo di apparecchi, un dorso digitale di medio formato, appena uscito sul mercato della casa più blasonata al mondo. Gli addetti hanno accolto i partecipanti e li hanno guidati alla loro postazione dopo averli registrati e numerati.

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Questa giornata non sarà ricordata solo a Banari, ovviamente. Guinnes a parte, la priorità di Ceraglia, della portentosa organizzazione che ha lavorato per sette mesi a questo progetto, dell’amministrazione comunale e dei partner pubblici e privati che hanno aderito con entusiasmo al progetto, è un’altra. “Il ritratto di gruppo più grande del mondo” è stata una performance collettiva attraverso cui Banari, il territorio, la Sardegna – ma idealmente tutte le piccole comunità locali d’Italia e del mondo che affrontano lo stesso problema – reagiscono creativamente, grazie all’arte, al problema dello spopolamento.

A ispirare il progetto è proprio la constatazione dei flussi migratori che interessano tantissimi Comuni sardi. Spesso sono centri piccoli di aree poco antropizzate, ma sempre più spesso tocca anche a centri più grandi, che sembravano al riparo dal fenomeno. Oggi le sue proporzioni sono tali da far finire la questione nell’agenda politica. Si discute, si pensano soluzioni. Il progetto di Banari lancia l’allarme e offre un esperimento artistico-sociale per ricreare senso di comunità, spingere verso una rivendicazione corale, un orgoglio istintivo, un rigenerato senso di appartenenza, in antitesi con i fattori che inducono o costringono la gente ad andarsene.

A salutare l’evento erano in tantissimi. Dal presidente del consiglio regionale, Gianfranco Ganau, al presidente dell’Anci, Emiliano Deiana. E ancora tanti volti noti della vita politica e culturale dell’isola, da sempre impegnati in prima fila nella lotta allo spopolamento delle comunità sarde, a iniziare da quelle più piccole e da quelle dell’interno, come l’ispiratore della campagna di sensibilizzazione Freemmos, Leonardo Marras.

 

 

La preparazione. Marco Ceraglia e OrdinariMai, l’associazione culturale di cui è presidente e anima, hanno lavorato sodo per motivare tutti i banaresi. Hanno bussato a tutte le porte, hanno raccontato l’idea, hanno contribuito a ricreare quello spirito appartenenza che è alla base dell’iniziativa e che è scritta a chiare lettere nello sloga “Banari Comunità Unita”. Nelle piazze e negli slarghi del piccolo centro, ma anche nelle case dei banaresi, il conto alla rovescia è durato a lungo, tra iniziative, promozione in occasione di sagre e altri eventi e un piccolo block notes con il countdown che campeggiava in tutte le case e in tutte le piazze del paese. E ieri sera gli abitanti e i banaresi tornati in famiglia per l’estate si sono consegnati volentieri alla storia grazie alla gigantesca fotografia di gruppo.

La comunità. I piccoli centri assistono impotenti al calo dei residenti, cui corrisponde una diminuzione dei servizi. È una spirale: più persone vanno via, più servizi vengono a mancare e ancora più persone sono costrette a ad andarsene. A Banari 600 abitanti non si sono ancora arresi, scelgono di vivere a contatto con le loro radici familiari, nelle loro case. La foto di oggi servirà per gridare con forza e originalità che la loro è una comunità vera. Grandi, vecchi, anziani, lavoratori, studenti, ragazzi, bambini, emigrati, fuori sede, infermi e volontari che li assistono: nessuno ha voluto mancare l’appuntamento.

I risultati artistici. Ai banaresi resterà la foto ricordo personalizzata, che sarà realizzata dopo lo scatto di gruppo. Resterà anche la consapevolezza di aver partecipato a un’iniziativa che regalerà a Banari inattesa popolarità, consentendole di mettere in mostra le sue potenzialità naturali, culturali e produttive. Soprattutto, resterà la soddisfazione di aver partecipato a un evento che potrebbe fare da esempio grazie ai materiali prodotti, a iniziare dal mega impianto di venticinque metri di lunghezza per dieci di altezza che sarà realizzato lungo la 131, all’altezza del bivio per Banari, per esporre la stampa gigante della foto collettiva. Poi ci sarà la mappatura con ritratto personalizzato di tutti i partecipanti, e sull’evento saranno realizzati un docu-film, un libro e una mostra itinerante.

L’ideatore. La motivazione ideale ha spinto Marco Ceraglia a rispolverare un’idea artistica che coltivava da tanto. Fotografo professionista e artista visuale, base a Sassari, Ceraglia si occupa da anni di progetti di ricerca sociale, concentrandosi sull’individuo in relazione con la comunità d’appartenenza. Da un po’ si interessa di spopolamento. Con Ordinarimai ha deciso che fosse arrivato il momento di tirare fuori dal cassetto il progetto e usarlo per affrontare il problema.

Al termine dello scatto che consegna Banari alla storia, Ceraglia non ha trattenuto la commozione mentre ringraziava la comunità per quello che ha definito «un miracolo di cui i veri autori siete voi, io ho soltanto lanciato un appello, una provocazione, e questa splendida gente ha colto l’occasione per mandare un messaggio a tutto il mondo, in difesa dell’identità e della sopravvivenza delle comunità locali».

 

Marco Ceraglia
Tags: Banarifotografiaspopolamento
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