Fino a questo momento la propensione al sacrificio non gli ha fatto paura. Il maestro molisano Eliseo Litterio non solo divora chilometri col suo macinino nel centro sud della Penisola, ma da quattro anni a questa parte, quando il calendario agonistico lo comanda, si dedica totalmente alla causa giallo blu senza badare ai vari infiacchimenti. Ma il peso specifico delle sue ammirevoli abitudini aumenta a dismisura se si calcolano i trentacinque anni di fila trascorsi a rincorrere umori, evoluzioni, vittorie e delusioni di una non ben definita schiera di pongisti più o meno in erba.
Di affrontare una nuova avventura nel centro Sardegna, da come si evince nell’intervista in basso, ne è ben felice. Anche perché, pandemia permettendo, potrebbe essere l’anno della svolta dopo periodi assai difficili vissuti insieme alla società, in cui qualche nonostante ostacoli di troppo che hanno provocato problemini niente male, non si mai smarrita la voglia di svoltare.
“Eliseo ha vissuto con noi quei momenti drammatici e con un lavoro impareggiabile ha dato il suo contributo alla nostra rinascita, se così la vogliamo chiamare – ricorda il presidente Simone Carrucciu – anche perché diversamente dal coro di malelingue tendenti ad affossarci, lui ha capito in che situazione eravamo precipitati, intuendo la bontà delle nostre azioni tese a ricercare un graduale riscatto. Sarebbe bello se si continuasse il trend positivo riscontrato nella scorsa stagione, magari con risposte ancor più fulgide dai campi. Per lui e per noi dirigenti significherebbe l’inizio di una nuova era pongistica. Lo ringrazio apertamente, a nome dell’intero sodalizio, per aver protratto il rapporto di collaborazione. Grazie Eli!”.
Parrebbe un idillio senza fine quello con Carrucciu
Abbiamo creato un bell’ambiente e tanta credibilità. E in questo sia io, sia Simone siamo stati bravi. Io nel curare l’aspetto prettamente tecnico, individuando giocatori dalla massima resa e dai costi non esorbitanti e lui nel crescere e farsi le ossa sotto l’aspetto gestionale e dell’immagine.
Certo che hai avuto un grande coraggio ad inoltrarti sino alle zone interne sarde
Faccio le cose per il gusto di farle e non per soldi. E infatti molto spesso mi è capitato di rifiutare cachet accontentandomi dei rimborsi spese. Prassi che va avanti ancora adesso perché a me interessa portare in auge il Tennistavolo Norbello. Obiettivo in parte già raggiunto perché mi rendo conto che ultimamente la nostra intensissima attività suscita la curiosità di tanti, segno che il club ha riconquistato una sua dignità nel panorama nazionale.
Cosa hai capito di questo ambiente?
A Norbello è come stare in famiglia. Questo grazie al grande rapporto d’amicizia con Simone che si rafforza sempre di più tra una litigata e l’altra. E la stessa sensazione la percepiscono non solo i nostri tesserati ma anche le squadre che arrivano per sfidarci.
Quindi evviva Norbello
Quando giungo in centro Sardegna sono felice perché incontro persone genuine, cordiali, disponibili e cariche di umanità. E per me le persone arrivano al primo posto, tutto il resto viene dopo. Anche se poi dedicarsi con impegno alla causa è fondamentale.
Come mai hai smesso quasi subito di giocare?
Giocare ed allenare sono due cose che non si possono fare assieme.
Sei stato l’unico nel mondo del tennistavolo ad abbandonare spontaneamente la poltrona da tecnico della nazionale
Mi dimisi perché le questioni a livello federale non mi piacevano. Amo veramente il mio lavoro e i compromessi non fanno parte della mia forma mentis. Penso sempre al bene dello sport e a mio avviso la politica non deve interferire.
Il tuo grande amore resta il settore giovanile
Per me una società si può definire tale se riesce a condurre i giovani a livelli altissimi. Purtroppo, a Norbello questo tipo di mentalità non può attecchire ancora come vorrei perché manca la materia prima. Auguro a tutte le società italiane di fare i miei stessi percorsi, ma devo dire che attualmente sono davvero pochine quelle che si impegnano in tal senso.
Ti senti stanco di questa vita da nomade?
É indubbio che stia facendo salti mortali per conciliare i vari impegni. Sbattermi da una parte all’altra è sempre più difficile con il passare degli anni. Quest’anno dovrei alleggerirmi un po’ seguendo la A1 femminile e dedicandomi alla A1 maschile solo in casi di necessità.
Non ci posso credere
Si, lo confesso, sto cominciando a sentire il peso della stanchezza. Stare sempre in giro nei giorni feriali e poi seguire il Tennistavolo Norbello nel week end non è per nulla semplice. Non nascondo che potrebbe essere la mia ultima stagione in Sardegna, ma di questo ne parlerò più diffusamente con il mio amico presidente, perché a parte tutto questa società mi è entrata nel cuore. Mi sono affezionato a tante persone.
Non te ne andrai finchè a Norbello non si conquista qualcosa di importante
Le prospettive sono ottime sia in A1 maschile, sia in A1 femminile. Nel primo caso penso che si possa conseguire la salvezza e forse sperare in qualcosina in più, non dico di entrare nella top four ma si può giungere alle soglie del podio.
Credo tantissimo nella femminile, possiamo lottare veramente per qualcosa di storico: il gruppo è composto da gente affiatata e motivata, i nuovi arrivi dovrebbero generare un gran balzo, probabilmente riusciremo a disputare un ottimo campionato.
Ringraziamenti finali?
Il primo della graduatoria è ovviamente Simone Carrucciu per la fiducia riposta nei miei confronti e poi mi ha sempre dato carta bianca sotto l’aspetto tecnico. Poi viene la famiglia di Simone e tutti gli amici dirigenti. Non posso dimenticare i giocatori che con me hanno trascorso le esperienze agonistiche norbellesi.
Un’ultimissima considerazione?
Sono legato particolarmente agli eventi scaturiti in quest’ultimo anno perché hanno avuto come protagoniste le atlete che ho seguito da giovani in nazionale come Giulia Cavalli e Chiara Colantoni. Il poter stare con loro in panchina nella scorsa stagione è stato bello.