Sembra quasi impossibile immaginare Rita Levi-Montalcini -prima e unica donna italiana a cui è stato conferito il Premio Nobel per la Medicina- come una giovane studentessa che, nell’applicarsi in alcune materie ritenute poco interessanti, si accontenta di una stentata sufficienza, tuttavia il ritratto che emerge dal libro “Un sogno al microscopio. Il viaggio verso il Nobel di Rita Levi-Montalcini”, scritto dalla nipote Piera Levi-Montalcini e da Alberto Cappio, racconta proprio di una “piccola donna” che, proprio come l’amatissima Jo March creata da Louisa May Alcott, lotta contro gli stereotipi di genere e fatica trovare la propria strada, afflitta da una condizione che anche al giorno d’oggi la accomuna a tanti giovani, impossibilitati, per ragioni diverse, a scoprire e coltivare il talento che li farà brillare nella vita.
Nata a Torino nel 1909, Rita Levi-Montalcini si laurea in Medicina e Chirurgia con 110 e lode e dignità di stampa; insieme al biochimico Stanley Cohen, nel 1986 riceve il Premio Nobel per la scoperta dell’NGF (Nerve Growth Factor), il fattore di accrescimento della fibra nervosa, e nel 2001 viene nominata Senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, per “altissimi meriti nel campo scientifico e sociale”: una vita all’insegna dell’eccellenza, dunque, segnata tuttavia da una partenza costellata di ostacoli; Piera Levi-Montalcini, ospite la scorsa domenica della rassegna “Teatro da camera” organizzata dall’associazione culturale “La Fabbrica Illuminata”, ha raccontato al pubblico presente a Villa Asquer, ad Assemini, gli anni cruciali dell’infanzia e gioventù della zia Rita, tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.
Dall’Archivio Levi-Montalcini, attraverso il fitto carteggio di corrispondenza che i diversi membri della famiglia si scambiano nel tempo, emerge innanzitutto il rapporto di complicità esistente tra i “PARIGINI”, Paola, Rita, Gino e Nina, le sorelle e i fratelli Levi-Montalcini, che vivono la loro prima giovinezza all’insegna della curiosità e dell’apertura verso il mondo, da “liberi pensatori”, come era solito affermare il loro papà Adamo, tra studio, letture e passeggiate nel Parco del Valentino di Torino; ciascuno di loro possiede un’attitudine particolare, ma se è certo che Paola, gemella di Rita, si impegna per diventare una straordinaria pittrice, Gino è già avviato allo studio dell’Architettura e Nina sogna di diventare una scrittrice, Rita, che ha vagheggiato di diventare infermiera, non sa ancora bene cosa farà della sua vita, per quanto possegga uno sguardo speciale attraverso cui osserva la realtà che la circonda, testimoniato da un libro di scienze quasi consumato, per il tempo che ha trascorso a sfogliarlo.
Come studentessa, Rita se la cava abbastanza bene, ma non eccelle, soprattutto nelle materie che la annoiano; quando arriva il momento di scegliere la scuola superiore, però, vorrebbe frequentare il liceo, ma suo padre la dirotta, contro la sua volontà, verso il liceo femminile, il cui diploma non consentirà l’iscrizione all’università; Rita è sconfortata, ma non si arrende: anni dopo, la malattia e la morte di una persona cara le rendono definitivamente chiaro che il suo destino è la Medicina. Studia da privatista, consegue il diploma e, finalmente intraprende la straordinaria carriera universitaria che, passo dopo passo, la condurrà al Premio Nobel: l’esperienza personale, dunque, impone a Rita come dovere morale quello di aiutare i giovani a comprendere le proprie attitudini e a svilupparle, con una particolare attenzione per le ragazze, a cui per troppo tempo sono stati preclusi, per mero pregiudizio, lo studio e l’applicazione in ambito scientifico.



“Non si può combattere la scarsa presenza delle donne in questo settore, se non si incentivano le nostre ragazze ad avvicinarsi alle materie STEM[1]” ha dichiarato Piera Levi-Montalcini durante la presentazione, “È proprio questo, non a caso, uno dei principali scopi istituzionali della Levi-Montalcini Foundation, che persegue gli stessi ideali della Fondazione Levi-Montalcini, fondata dalle sorelle Rita e Paola nel 1992, e dell’Associazione omonima nata nel 2002, insieme alla lotta agli stereotipi di genere e la tutela del diritto allo studio delle donne nei paesi africani”.
Ogni capitolo del libro “Un sogno al microscopio” è preceduto da una frase di Rita Levi-Montalcini; tra le più significative, l’esortazione a non temere le difficoltà, perché “il meglio viene da lì”: “Scherzando, la zia diceva di essere grata a Mussolini, perché senza le limitazioni imposte dalle leggi razziali[2], non avrebbe potuto concentrarsi sullo studio come fu costretta a fare, rinchiusa in una piccola stanza allestita come laboratorio, nascosta e sotto falso nome per non farsi scoprire dai fascisti. Questa è una battuta di spirito, ma la verità è che le difficoltà nutrono l’immaginazione: dobbiamo sempre cercare di immaginare come le cose che ci circondano possono essere migliorate e i problemi risolti. Senza immaginazione, infatti, non c’è scienza”.
Durante la presentazione, le bambine e i bambini della scuola primaria Don Albino Mancosu di Assemini hanno posto alcune domande a Piera Levi-Montalcini, rapiti dalla storia di Rita, una piccola ribelle più simile a loro di quanto avrebbero mai potuto immaginare, costantemente stimolata dalla sana competizione quotidiana con i “PARIGINI” a sviluppare fantasia e intuito. “Ho sempre amato definire la zia ‘artista della scienza’, per il suo approccio intuitivo e immaginativo alla ricerca e, in senso più lato, alla vita” ha raccontato Piera Levi-Montalcini: un’artista capace di ispirare con la sua storia generazioni di ragazze e ragazzi a credere in se stessi e nel futuro.
[1] Dall’inglese Science, Technology, Engineering and Mathematics, ovvero Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica.
[2] Nel settembre del 1938 vengono varate in Italia le leggi razziali, con le quali gli ebrei vengono esclusi da servizi e attività pubbliche. La famiglia Levi-Montalcini, di origine ebraica, fu costretta a cambiare nome e nascondersi.
































