Nato dai chicchi del Cannonau di Sardegna DOC, il Nepente di Oliena è un gioiello della tradizione enologica sarda da assaporare almeno una volta nella vita. Dal colore rosso rubino, un gusto corposo e minerale e un aroma lievemente fruttato, questo vino pregiatissimo racconta in maniera unica l’anima e i sapori del territorio nuorese. Tra le campagne granitiche del paese, la bevanda viene prodotta da secoli dagli agricoltori locali, che accudiscono e selezionano pazientemente i grappoli più succosi affinché la freschezza e i profumi siano presenti in ogni bottiglia.
Tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre comincia il raccolto e i coltivatori olianesi scelgono attentamente le uve tra le lunghe fila di vigneti baciati dal sole. I raggi di luce che illuminano morbidamente le viti e la particolare tecnica di coltivazione “ad alberello”, sono degli aiutanti insostituibili nel processo di produzione: bilanciando in maniera naturale gli zuccheri presenti negli acini questi “lavoratori invisibili” danno vita ad un sapore dolce e acido al punto giusto.
Dopo aver riempito tutti i cesti, i frutti vengono puliti, diraspati, e macerati per circa 10-15 giorni; dopodiché si procede alla maturazione, prima all’interno di vasche di cemento refrigerate e poi in botti di rovere, in cui il vino prenderà corpo e volume.
Finalmente pronto e imbottigliato, il Nepente può essere degustato da tutti i palati, abbinandolo con piatti saporiti come le paste ripiene di carne, gli arrosti o la selvaggina, oppure con un bel tagliere di formaggi sardi.
Apprezzato a livello nazionale da enologi e degustatori occasionali, il “binu de Uliana” affonda le sue radici nella storia antica della Sardegna ed è stato decantato da poeti e letterati di grande prestigio culturale.
Elogio al Nepente: tra storia e letteratura
Le origini del Nepente poggiano su basi ancora oggi poco certe; secondo recenti ricostruzioni, le prime produzioni del vino risalirebbero all’età nuragica della Sardegna, sfatando così la teoria di una possibile importazione da parte degli Spagnoli. Ciò che invece conosciamo è il contributo fondamentale che diedero i frati Francescani di Oliena, a partire dal Cinquecento, realizzando un importante complesso di vitigni e allevamenti da cui estraevano il Cannonau “ante litteram”. Grazie al lavoro di questi agricoltori tenaci, aiutati nei secoli successivi dall’ordine dei Gesuiti, fu creato un tesoro di migliaia di ceppi, ponendo le basi dell’industria locale così come la conosciamo oggi. La dedizione di questi uomini portò, centinaia di anni dopo, alla nascita della Cantina Sociale di Oliena, attualmente responsabile della produzione ed esportazione del Nepente a livello mondiale.
Dai suoi primi vigneti, questo aroma unico made in Sardinia ha conquistato chiunque abbia assaporato i suoi acini deliziosi nel corso delle epoche storiche. Viandanti, narratori e poeti hanno conservato il ricordo di quel gusto, decantandone le qualità nei loro versi. Sfogliando le pagine di alcune delle opere letterarie più importanti della storia dell’uomo, si possono individuare diversi riferimenti al Nepente, ma con significati ambivalenti.
L’arte classica è la culla in cui il termine trova la sua luce: dal greco ne penthos, “nessuna tristezza”, la parola fece la sua prima apparizione nella celebre Odissea di Omero; si racconta di una bevanda che Elena di Troia donò a Menelao, suo marito e re di Sparta, per alleviare le sue pene, e di un vino che fu offerto a Telemaco, figlio di Ulisse. Tuttora, non è conosciuta la natura del liquido bevuto dai protagonisti; il poeta fa riferimento ad un calmante, un narcotico utilizzato dai soldati per lenire il dolore, ma senza chiarirne la provenienza.
Dopo questo primo incontro con il Nepente, nel panorama drammaturgico si sono succeduti altri riferimenti nei testi di Plinio il Vecchio, Erodoto, Pietro della Valle, gettando un ulteriore velo di mistero su questa sostanza ignota dagli effetti sedativi.
Ma avvicinandoci ai giorni nostri riusciamo a scovare chi ha tessuto le lodi del nostro vino protagonista.
L’artista che ha saputo cantare in modo sublime del gioiello di Oliena fu senza dubbio il poeta Gabriele D’Annunzio. In una lettera indirizzata ad Hans Barth, giornalista ed esperto di vini italiani, nel 1909, il Vate elogiò il profumo e il sapore aromatico del prodotto sardo con parole e immagini suggestive, sognando, nel giorno della sua morte, di essere lavato con il nettare rosso e di farsi seppellire sotto i suoi vitigni: “Possa io fino all’ultimo respiro rallegrarmi dell’odor tuo, e del tuo colore avere il mio naso per sempre vermiglio. E, come il mio spirito abbandoni il mio corpo, in copia di te sia lavata la mia spoglia, e di pampani avvolta, e colcata in terra a pie’ d’una vite grave di grappoli”.
Un ricordo prezioso conservato nella memoria dell’autore, in seguito al suo breve soggiorno nel paese di Oliena all’età di diciannove anni; ospitato da una famiglia nuorese insieme ai due amici Edoardo Scarfoglio e Cesare Pascarella, D’annunzio trascorse delle giornate memorabili, godendo dell’ospitalità del luogo, dei suoi panorami e colori incredibili, apprendendo le antiche leggende e tradizioni e assaporando i suoi tesori culinari. L’incontro con il Nepente di Oliena fu indimenticabile per il poeta italiano, inebriato dal gusto unico del vino e dal territorio straordinario in cui viene prodotto.
Questa esperienza sarà ricordata dallo scrittore in diversi passaggi dei suoi testi, nelle sue lettere e appunti di viaggio. Tra i più noti, l’Elogio al Nepente, inserito nella prefazione della “Guida spirituale delle osterie italiane” e l’articolo intitolato “Un itinerario bacchico”, pubblicato nel 1910 sul “Corriere della Sera”.