Alle imprese sarde manca il personale specializzato. Tale situazione crea al sistema produttivo delle micro e piccole realtà isolane un danno di 206 milioni di euro sul valore aggiunto regionale (0,70%). Infatti, nella maggior parte dei casi, in media una impresa artigiana impiega, in media, oltre 6 mesi per trovare un addetto specializzato condizione che influisce pesantemente nella produzione e nel giro d’affari.
L’allarme lo lancia Confartigianato Imprese Sardegna che sottolinea come, secondo una rilevazione del proprio Ufficio Studi, su 143mila richieste di lavoratori da parte delle PMI, il 10,9% superi i 6 mesi di tempo di ricerca, l’1,7% vada da 10 a 12 mesi di ricerca e il 6,1% vada superi l’anno.
“Queste difficoltà ce le rappresentano ogni giorno i nostri imprenditori e i dati della nostra indagine – afferma Maria Amelia Lai, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – l’Isola è sesta in Italia (prima nel centro-sud) per difficoltà a reperire personale qualificato: prima è la Lombardia con 2.493 milioni, seguono Friuli, Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna. Su un totale di oltre 143mila entrate, 15mila sono introvabili”.
Nel dettaglio, gli operai specializzati per cui occorre una ricerca più lunga della media sono generalmente figure molto richieste dalle piccole imprese e dall’artigianato: per attrezzisti di macchine utensili e professioni assimilate occorrono mediamente 6 mesi di ricerca, per elettricisti nelle costruzioni civili e professioni assimilate 5,6 mesi, per installatori e riparatori di apparati elettrici ed elettromeccanici 5,2 mesi, per idraulici e posatori di tubazioni idrauliche e di gas 5 mesi, per montatori di carpenteria metallica 4,8 mesi, per meccanici e montatori di macchinari industriali e assimilati 4,6 mesi e per muratori in pietra, mattoni, refrattari 3,4 mesi.
“Le nostre aziende hanno bisogno di personale specializzato come l’acqua nel deserto – prosegue la Presidente Lai – e il problema del reperimento di personale non accenna a migliorare: nello scorso mese di novembre (dati Excelsior), nella nostra regione la difficoltà è arrivata al 42,5%. Valore questo, per la gran parte spiegato dalla assenza di candidati (47,2%) piuttosto che per la loro scarsa preparazione (15,3%)”. “Il vero paradosso – sottolinea – è che mentre più di una entrata su due è di difficile reperimento, oltre 40mila giovani nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni sono inattivi. In Italia sono oltre 1milione e mezzo, dato che ci porta ad occupare, in negativo, la prima posizione nella Ue”.
Per Confartigianato Sardegna il problema della ricerca del personale, si lega a quello, altrettanto sentito dagli imprenditori, di come attrarre e trattenere i giovani in azienda.
Sotto questo punto di vista, i recenti dati del Censimento Permanente delle Imprese 2023 di Istat, indicano quali sono gli strumenti sui quali fanno leva le micro e piccole imprese: il 43,8% delle aziende riconosce incrementi salariali (superminimi), il 25,7% offre gradi crescenti di autonomia sul lavoro e il 17,9 amplia i pacchetti di benefit (welfare aziendale etc).
“Una buona notizia arriva dal Governo – sottolinea Daniele Serra, Segretario Regionale di Confartigianato Sardegna -. lo scorso 18 settembre, il Ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, ha firmato il Ddl che istituisce la filiera formativa tecnologico-professionale, ora all’esame della Commissione Cultura del Senato. Il Ddl ha l’ambizioso ed elogiabile obiettivo di ripensare la formazione tecnica e professionale costruendo una filiera formativa capace di mettere in dialogo tutti i tasselli che la compongono e avvicinando il nostro Paese alle migliori esperienze europee”.
“Ci auguriamo – continua il Segretario – che questa sfida possa essere colta, che le scuole decidano di avviare la sperimentazione ripensando integralmente la didattica e dunque non solo comprimendo i contenuti oggi espressi nei percorsi quinquennali dialogando con il mondo delle imprese a beneficio delle competenze e dei profili in uscita dei ragazzi, favorendo i percorsi di formazione duale progettati con le imprese”. “Quello che suscita in noi qualche perplessità – conclude Serra – è la gestione centralizzata, avremmo voluto che fossero i territori ad essere protagonisti, garantendo così un’efficace attuazione della filiera e un dialogo progettuale e concreto del mondo della formazione con il tessuto produttivo territoriale”.