Un’indagine condotta da Altroconsumo su 21 marche di acqua minerale naturale vendute in Italia ha rilevato la presenza diffusa di Tfa (acido trifluoroacetico), un composto chimico appartenente alla famiglia dei Pfas, noti per la loro persistenza nell’ambiente e per i potenziali rischi per la salute umana. Sei delle acque analizzate hanno ricevuto un giudizio complessivo insufficiente a causa dell’elevata concentrazione di Tfa, superando i limiti indicati dalla nuova normativa italiana sulla qualità dell’acqua potabile.
Il test ha messo in evidenza che la maggior parte dei campioni analizzati contiene tracce di Tfa, anche se in quantità variabili. Solo tre marche sono risultate completamente esenti da questa sostanza: Blues Sant’Antonio (marchio di Eurospin), Conad Valpura e San Benedetto Eco Green Benedicta. Le prime due si sono anche distinte per il rapporto qualità-prezzo, ottenendo la menzione di Miglior Acquisto. In particolare, Blues Sant’Antonio è risultata la Migliore del Test, con un costo contenuto pari a 0,17 euro al litro.
Nel complesso, undici delle ventuno acque hanno ottenuto un giudizio positivo, valutazione attribuita tenendo conto di vari criteri, tra cui la composizione chimica, la presenza di altri contaminanti, le caratteristiche dell’imballaggio e la completezza dell’etichetta. Tuttavia, la parte bassa della classifica evidenzia situazioni più critiche. Oltre alla già citata presenza eccessiva di Tfa, alcune bottiglie presentano livelli rilevanti di arsenico. È il caso dell’acqua minerale Levissima e di Fiuggi: la prima penalizzata per la doppia contaminazione, la seconda anche per l’impatto ambientale dell’imballaggio.
Sul fronte normativo, il tema del Tfa si colloca in un contesto regolatorio in evoluzione. Attualmente, nell’Unione Europea non esiste un limite specifico per la presenza di Tfa nelle acque potabili, sotterranee o superficiali. Tuttavia, la direttiva UE 2020/2184 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano sta portando i Paesi membri, Italia inclusa, a rivedere i parametri di controllo. Il Governo italiano ha proposto una modifica normativa che sostituirebbe il parametro “Pfas totali” con uno dedicato esclusivamente al Tfa, fissando un limite molto più restrittivo a partire dal 12 gennaio 2026.
Secondo Altroconsumo, questa proposta rischia di essere prematura in assenza di una solida base scientifica. Federico Cavallo, responsabile Public Affairs & Media Relations dell’organizzazione, ha spiegato che le perplessità sono state presentate alle commissioni parlamentari competenti, sottolineando la necessità di mantenere per ora il limite dei Pfas totali, pari a 500 nanogrammi per litro, già previsto dalle attuali normative italiane in linea con le indicazioni europee. L’organizzazione ritiene più prudente attendere la nuova valutazione dell’EFSA sull’acido trifluoroacetico, attesa per l’inizio del 2026, prima di procedere con l’introduzione di un parametro autonomo e più rigido.
Altroconsumo chiede anche che vengano stabiliti limiti specifici per il Tfa nelle acque minerali naturali, vista la sua presenza confermata dal test su prodotti di largo consumo. In parallelo, l’associazione sollecita un divieto generale di produzione e utilizzo dei Pfas, per garantire una tutela più efficace della qualità dell’acqua nel lungo periodo.
In attesa di sviluppi normativi, l’indagine evidenzia una realtà complessa: l’acqua in bottiglia, considerata da molti una scelta sicura, può essere anch’essa soggetta agli effetti dell’inquinamento ambientale.
Fonte Agenzia DIRE.it
