Siccità estrema, fiumi a secco, nevai ridotti al minimo, e caldo asfissiante: quello che stiamo vivendo è un assaggio di come sarà il clima nei prossimi decenni. La situazione attuale non può che farci riflettere sulla crisi climatica, e sui devastanti effetti che sta già avendo sul nostro territorio. I primi 5 mesi del 2022 sono stati i più secchi dalla fine degli anni ’50. Poca, pochissima pioggia soprattutto al Nord (e nello specifico al Nord-Ovest). Come faremo ad arrivare a settembre in queste condizioni? I mesi estivi possono dare vita a qualche breve e intenso temporale, niente più. Nulla in grado di colmare il deficit accumulato.
Il recente passato avrebbe dovuto insegnarci qualcosa. Non è infatti lontana la crisi idrica che nell’estate 2017 interessò il Lago di Bracciano e il comune di Roma. E oggi siamo ancora qui: il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri ha assicurato che non ci saranno razionamenti a Roma, ma allo stesso tempo ha invitato a ridurre ogni spreco. Ma quanto potremo andare avanti così? Nessun razionamento per ora, ma tra due settimane? Considerando che difficilmente vedremo arrivare pioggia vera, quella capace di interessare ampi settori di territorio, come faremo tra un mese? Come faremo ad arrivare a fine agosto?
I problemi si ripetono anche al Nord. Quest’anno, come nel 2017, il Veneto ha chiesto più acqua al Trentino-Alto Adige per far fronte alla crisi, ripresentando il problema della gestione sovraregionale della risorsa idrica. La portata dei fiumi sta raggiungendo livelli minimi, molto simili a quelli raggiunti nel 2012, 2014 e nel 2017. Gli agricoltori stanno soffrendo e ogni spreco andrebbe evitato. Ma salvo qualche temporale, senza pioggia di rilievo come faremo ad arrivare alla fine dell’estate? Come faremo tra due settimane o tra un mese? In che modo potremo arrivare a settembre?
Bisognava fare qualcosa. Sprechiamo troppa acqua, non solo come privati consumatori, ma soprattutto lungo tutta la rete idrica. Abbiamo avuto anni per pensare a come risolvere problemi che sapevamo potessero arrivare nel breve periodo. Sapevamo che ondate di caldo e siccità sarebbero diventate sempre più velocemente la nuova “normalità” del clima italiano.
La politica deve ammodernare la rete delle infrastrutture, per evitare sprechi così elevati che oggi non possiamo più permetterci, deve investire in impianti di desalinizzazione di acqua marina e costruire nuovi bacini idrici capaci di contenere l’acqua piovana e generare nuove fonti di energia pulita. Si tratta di interventi ancora più urgenti, specie alla luce delle inquietanti prospettive che arrivano dai massimi esperti di crisi climatica del Pianeta. Se non ora, quando?
Siccità: quanto dovrebbe piovere per risolvere la situazione?
La pioggia portata da qualche temporale estivo non può nulla, ormai. «Per riequilibrare il deficit accumulato dall’inizio dell’anno – spiega Simone Abelli, meteorologo di Meteo Expert e autore per IconaClima – servirebbero 130 mm di pioggia su tutto il territorio italiano. Stimando che un giorno di pioggia normale dia una cumulata di 10 mm al giorno (nell’ipotesi che si tratti di pioggia al massimo moderata, poiché in caso di pioggia forte o rovesci ce ne vorrebbe molta di più per garantire un sufficiente assorbimento da parte del terreno), possiamo affermare che al punto in cui siamo dovrebbe piovere per due settimane in tutto il territorio nazionale contemporaneamente. Purtroppo, oltre ad essere un’ipotesi remota in questa stagione in Italia, risulta poco realistica anche l’ipotesi di precipitazioni che non siano a carattere di rovescio o temporale, generalmente meno utili a colmare un deficit».
Siccità e caldo: senza acqua a rischio anche la produzione di energia rinnovabile idroelettrica
Poca, pochissima la neve caduta durante l’inverno, e poca anche la pioggia. Il risultato della siccità degli ultimi mesi, e l’arrivo di ondate di caldo davvero eccezionali, stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura, e rischiano di complicare ancora di più la grave crisi energetica.
Poca acqua sul territorio, si traduce in poca acqua nei bacini idrici, anche in quelli che sfruttiamo per ricavare energia rinnovabile idroelettrica. L’Italia sfrutta da tempo e molto bene l’energia idroelettrica: l’idroelettrico, infatti, genera quasi la metà dell’elettricità rinnovabile italiana. Secondo le stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, l’idroelettrico nel 2020 ha generato più elettricità di solare ed eolico messi insieme.
A causa della crisi climatica però, l’Italia così come le regioni che si affacciano sul Mediterraneo settentrionale, vivranno stagioni sempre più secche e calde, con un crescente rischio di siccità. A dirlo è stato l’ultimo rapporto Impatti, l’Adattamento e la Vulnerabilità connessi alla crisi climatica realizzato dall’IPCC.
Sappiamo infatti come l’area Mediterranea sia un hot spot del cambiamento climatico, un punto caldo che subisce il riscaldamento più di altre zone e quindi più vulnerabile.
Rischiamo di avere siccità più frequenti e prolungate, insieme ad ondate di caldo sempre più intense. Secondo il dossier realizzato da Meteo Expert “Conseguenze dei Cambiamenti Climatici in Italia” la stagione estiva è quella che, rispetto alle altre, sta subendo il più evidente rialzo termico: rispetto a quelle degli anni ‘60-’70, le recenti estati risultano mediamente di 2°C più calde. In 60 anni la probabilità nell’arco dell’estate di ondate di caldo intense è salita dal 9%, ossia circa 1 giorno estremamente caldo su 10, all’attuale 25%, ossia 1 giorno estremamente caldo su 4. Rispetto agli anni ‘60 e ‘70 si contano in media 20 giorni caldi in più ogni anno (con temperature superiore ai 25°C) e 16 notti tropicali in più l’anno (notti temperatura minima maggiore di 20°C).
L’Italia è molto vulnerabile, specie se consideriamo che in futuro la disponibilità d’acqua tenderà a diminuire.
Con un riscaldamento globale di 3°C la produzione di energia idroelettrica crollerà del 40%
Condizioni di siccità più intese obbligheranno gli agricoltori a prelevare più acqua del normale, sovra sfruttando le falde acquifere e non finisce qui. Poca neve sulle Alpi si tradurrà in un minore afflusso nei bacini idrici che oggi utilizziamo anche per produrre energia pulita.
Secondo il report dell’IPCC, infatti, una riduzione delle piogge avrà importanti impatti anche sul settore dell’energia: con un riscaldamento globale di 3°C, infatti, si stima che la produzione potenziale di energia idroelettrica possa crollare addirittura del 40%. Cali meno intensi ma comunque significativi potrebbero verificarsi anche con un riscaldamento di 2 o 1,5 gradi, stimati rispettivamente intorno al 10% e il 5%.
Una fonte oggi piuttosto costante e sicura di energia rinnovabile, quindi, potrebbe con il tempo diventare sempre più instabile e inaffidabile. In Italia il problema è particolarmente grave perché quasi metà della produzione di elettricità rinnovabile arriva dall’idroelettrico, ma la situazione è preoccupante anche a livello globale. L’idroelettrico è la principale fonte di produzione di elettricità da fonti rinnovabili del Mondo: nel 2019 secondo l’IEA ha prodotto 4.300 Terawattora (TWh).
Come faremo quando mancherà l’acqua?
La pandemia, l’emergenza climatica e la guerra ci costringono a cercare soluzioni per evitare il collasso economico e sociale. Dobbiamo trovare il modo di produrre energia pulita, dando priorità alle risorse che abbiamo a disposizione, e limitare il più possibile le emissioni di anidride carbonica, responsabili del riscaldamento globale.
La situazione attuale e il rischio di perdere – seppur in parte – una delle principali fonti di energia rinnovabile ci obbligano a cercare soluzioni sostenibili e a impatto zero sul clima. Sicuramente dobbiamo dire addio il prima possibile a gas e petrolio. Ma allo stesso tempo bisogna investire sulle infrastrutture, sulla diffusione degli impianti rinnovabili, sulla creazione di batterie di accumulo in grado di assorbire l’intermittenza tipica delle rinnovabili. Servono interventi, operazioni urgenti su larga scala per permetterci di fare quel salto verso il futuro sostenibile che dobbiamo per forza di cose raggiungere. La difficoltà e lentezza italiana, in particolare, nel favorire lo sviluppo tecnologico verso fonti di energia a basse emissioni potrebbe costarci cara.
Nel frattempo, cosa possiamo fare? Noi privati cittadini, sicuramente dobbiamo prestare maggiore attenzione all’uso dell’acqua. Dobbiamo evitare ogni spreco, perché stiamo usando una risorsa che sappiamo purtroppo essere limitata. Ma gli enormi sprechi di acqua avvengono non solo durante l’uso finale, ma lungo tutto il tragitto, dalla fonte fino al nostro rubinetto. Ogni anno in Europa vengono trattati più di 40 mila milioni di metri cubi di acque reflue, ma ne vengono riutilizzati soltanto 964 milioni.
Parlando strettamente della situazione italiana, l’intera rete idrica nazionale riesce a trattenere appena l’11% dell’acqua piovana. Il nostro Paese, anche a causa di investimenti insufficienti e inadeguati, disperde quasi la metà dell’acqua prelevata per uso potabile. La rete infrastrutturale è obsoleta con il 60% delle infrastrutture idriche con più di 30 anni e il 25% con più di 50 anni. Partendo dal tasso di dispersione di acqua nella rete di distribuzione, si osservano rilevanti differenze tra le diverse regioni italiane. Nelle regioni del Nord – secondo il documento «Valore Acqua per l’Italia 2021» – “il 34,9% dell’acqua viene dispersa (con la performance migliore registrata in Valle d’Aosta, pari al 22,1%), mentre nelle regioni del Sud tale valore raggiunge il 48,6% (con picchi negativi del 55,6% in Abruzzo)”.