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Ue, summit ‘complicato’ su finanziamenti Ucraina: il nodo dei beni congelati alla Russia

di Redazione
18 Dicembre 2025
in Italia & Mondo
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(Adnkronos) – Il Consiglio Europeo che si riunisce oggi, e probabilmente anche domani, a Bruxelles per decidere su come finanziare l’Ucraina nei prossimi due anni sarà “abbastanza complicato”, per dirla con una fonte diplomatica coinvolta nei negoziati. Il nodo principale del summit è il via libera, o forse lo stop, a un prestito Ue all’Ucraina, il cosiddetto prestito di riparazione, basato sui beni congelati alla Banca centrale della Federazione Russa, che ammontano a 210 miliardi di euro, 185 dei quali sono nelle disponibilità di Euroclear, colosso belga che è uno snodo critico del sistema finanziario globale, attivo nella compensazione, regolamento e custodia di titoli su molti mercati finanziari, non solo europei ma anche americani e asiatici.  

Finora, è la sola opzione formalmente sul tavolo, malgrado la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen abbia fatto una mezza marcia indietro, ricordando di aver messo sul piatto “due” soluzioni: un prestito Ue basato sul margine del bilancio comune e un prestito basato sui beni congelati alla Russia. In realtà, la prima soluzione è stata messa sul tavolo dalla Commissione ben sapendo che sarebbe stata bocciata, con l’utile aiuto della presidenza danese del Consiglio Ue. In realtà, nell”option paper’ iniziale della Commissione, di opzioni ce n’erano tre e la prima erano trasferimenti all’Ucraina da parte dei singoli Paesi. Quella proposta è stata immediatamente accantonata, senza neppure discuterla, con l’argomento che avrebbe pesato troppo sui bilanci nazionali. 

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A Bruxelles non manca chi critica apertamente la gestione di questo dossier da parte della Commissione, con gli ambasciatori costretti a lavorare fino a mezzanotte e oltre ogni giorno su un progetto che, più si avvicina il summit, più si fa complicato. Anche stasera il Coreper si riunisce di nuovo per discutere e tentare di trovare un terreno comune. E’ difficile non notare che la Danimarca, che ha la presidenza di turno, fa parte storicamente della ‘filiera’ dei Frugali, i Paesi contrari a qualsiasi tipo di debito Ue, come la Germania e l’Olanda, anche se gli sviluppi geopolitici degli ultimi anni hanno un po’ ammorbidito le posizioni di Copenaghen. 

La premier Mette Frederiksen, socialdemocratica ma danese, dopo che Donald Trump ha minacciato di prendersi la Groenlandia, si è schierata a favore di un deciso aumento delle spese militari. Anche le altre voci in capitolo, l’estone Kaja Kallas che pure aveva proposto per prima il debito Ue per aiutare l’Ucraina quando era premier per vederselo respingere, e il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis, lettone, fanno parte di quella filiera e non sono mai stati fan sfegatati degli Eurobond, anche se i Baltici dopo l’invasione russa dell’Ucraina sono diventati molto meno rigidi, per ovvi motivi. 

In realtà, sul finanziamento all’Ucraina sta riemergendo in queste ore l’antica faglia che ha diviso l’Ue per molti anni e che era stata solo temporaneamente colmata davanti alla pandemia di Covid-19, con Next Generation Eu: quella tra i Paesi contrari al debito comune e quelli a favore. L’opzione del debito Ue è stata sì menzionata al tavolo del Coreper ma, visto che richiede l’unanimità e che l’Ungheria è notoriamente contraria, è stata immediatamente “messa sullo scaffale”, nella definizione di un alto funzionario Ue. Dopodiché, gli ambasciatori hanno lavorato fino allo sfinimento sull’unico testo giuridico messo sul tavolo dalla Commissione, quello sul prestito di riparazione.  

Problema: i Paesi che hanno perplessità, a vario titolo, sulla proposta presentata dalla Commissione non sono pochi. Se ne contano almeno sette, e sono solo quelli venuti allo scoperto. Il Belgio è contrario fin dall’inizio, e sta conducendo una opposizione molto “dura”, essendo il Paese che rischia di più. Tra l’altro il premier Bart De Wever , fiammingo dell’N-Va, sta unendo tutto il Paese dietro di sé sull’opposizione all’operazione asset russi: un mezzo miracolo, viste le proteste e gli scioperi che si susseguono da settimane nel Paese contro i tagli al bilancio. 

Italia, Bulgaria e Malta hanno votato con Bruxelles per rendere semi-perenne, a maggioranza qualificata, il congelamento dei beni russi, per cui la Commissione si è appellata all’articolo 122 del Tfue, mossa che per Viktor Orban, affezionato al veto, equivale ad uno “stupro” del diritto Ue. I quattro Paesi hanno allegato una dichiarazione al voto in cui chiedono di esplorare opzioni alternative e meno rischiose.  

Ungheria e Slovacchia sono da tempo su posizioni non allineate con la direttrice maggioritaria filo Ucraina, del sostegno ‘as long as it takes’, per tutto il tempo necessario. La Repubblica Ceca ha un primo ministro, Andrej Babis, appena tornato al potere, che viene dai Liberali ma che ora milita nei Patrioti per l’Europa, il gruppo del Rassemblement National e della Lega. Il miliardario ha già detto che Praga non intende contribuire alle garanzie necessarie affinché il prestito assomigli il meno possibile ad una confisca. Oggi, a margine di un prevertice dei Patrioti a Bruxelles, ha predetto che si negozierà “fino all’ultimo minuto” del summit. 

Se ieri l’obiettivo, secondo un alto funzionario Ue, era quello di avere un ok “il più vicino possibile a 26” al prestito di riparazione, oggi quell’obiettivo appare seriamente in bilico, anche se fonti Ue precisano che il progetto è “tuttora sul tavolo”. Il fatto è che l’alternativa messa sul piatto dalla Commissione, un prestito basato sull’headroom del bilancio Ue, il margine (differenza tra impegni e pagamenti), sulla falsariga ‘tecnica’ di Next Generation Eu, necessita dell’unanimità.  

Ieri però si è saputo, e lo confermano più fonti, che la presidente della Bce Christine Lagarde, che di professione faceva l’avvocata d’affari, durante la cena dell’Ecofin della settimana scorsa ha fatto notare che, se la Commissione può usare l’articolo 122 del Tfue per approvare a maggioranza qualificata la ‘perennizzazione’ del congelamento degli asset russi, che riguarda l’ambito delle sanzioni (ha sempre richiesto l’unanimità), allora può fare la stessa cosa per un prestito basato sul bilancio Ue. 

Quindi von der Leyen, usando l’articolo 122 del Tfue, potrebbe aver aperto il vaso di Pandora. Orban oggi ha osservato che “prima il congelamento doveva venire rinnovato ogni sei mesi, all’unanimità. Ora la burocrazia ha deciso che non c’è bisogno di alcuna procedura e che si può fare a maggioranza, una cosa che è totalmente e ovviamente contro i regolamenti. Il principio di leale cooperazione, che è necessaria per il funzionamento dell’Ue, non esiste più, almeno da parte loro”. Il Belgio, da parte sua, chiederà una discussione approfondita su entrambe le opzioni messe sul tavolo, non solo su quella legata agli asset russi.  

Il problema è politico e riguarda principalmente la Germania, dove l’AfD è prima nei sondaggi, e in subordine gli altri Frugali, Paesi Bassi in testa. A causa della forza dell’AfD, che non cala nei sondaggi malgrado non abbia affatto moderato le proprie posizioni, il cancelliere Friedrich Merz non può permettersi di spiegare agli elettori tedeschi che occorre fare debito per aiutare l’Ucraina. Come ha confermato più volte l’Alta Rappresentante Kaja Kallas, l’idea di fare debito Ue per sostenere Kiev, da lei lanciata quando era ancora premier dell’Estonia, “non ha preso quota”. In teoria, il prestito di riparazione potrebbe essere approvato a maggioranza qualificata, mettendo il Belgio in minoranza. Ma, come spiega una fonte diplomatica, “nessuno” intende percorrere una strada simile, che creerebbe un precedente pericoloso per tutti.  

Il Belgio resta sulle proprie posizioni, anche se, come ha detto il premier Bart De Wever, non ha la vocazione di comportarsi nell’Ue “come l’Ungheria” di Viktor Orban. Il quale Orban, dal canto suo, oggi ha detto che De Wever è “sulla strada giusta”. Sulla stessa linea Marine Le Pen, secondo la quale il Belgio “ha ragione a resistere” al progetto di usare i beni russi per aiutare l’Ucraina. 

Intanto, almeno una delle condizioni che il Belgio ha posto, quella di non essere l’unico Paese a vedersi semi-confiscati i beni della Banca centrale russa, potrebbe essere soddisfatta. La proposta della Commissione già prevede la partecipazione dei beni russi congelati parcheggiati in altri Paesi. Un problema particolare è quello delle banche francesi, sugli averi russi delle quali mancano dettagli. La fonte ha assicurato che ci sono “evoluzioni positive” sul fronte della partecipazione di “tutti gli asset congelati” al cosiddetto prestito di riparazione all’Ucraina. Fonti dell’Eliseo hanno tuttavia spiegato che aggiungere i beni russi congelati nelle disponibilità delle banche “non è la priorità”, dato che non farebbe altro che accrescere la “complessità” del progetto.  

Il fatto è che il governo federale belga insiste, come farebbe qualunque altro esecutivo responsabile nei suoi panni (lo ha riconosciuto lo stesso Friedrich Merz), per avere garanzie “open-ended”, sia in termini temporali (ben oltre i 15 anni necessari a ‘discontinuare’ i trattati bilaterali sugli investimenti con la Russia) sia quantitativi, dato che, oltre alle somme dirottate sul prestito all’Ucraina, il Belgio potrebbe vedersi chiedere in giudizio pure il risarcimento dei danni, come è capitato al Lussemburgo, alle prese con le cause di un oligarca. E fornire garanzie di questo tipo è complicato per tutti, non solo per i Paesi con spazi di manovra limitati. 

Un problema non piccolo, come spiegato recentemente dal Corriere della Sera, è che il prestito Ue all’Ucraina sarebbe costituito da titoli infruttiferi, che non producono interessi. Una caratteristica, questa, voluta dalla Germania di Merz, subito accontentato da von der Leyen, perché, se i bond pagassero cedole, somiglierebbero molto agli Eurobond, che fanno inorridire Berlino. Il problema è che, se qualcosa dovesse andare storto, Euroclear non potrebbe utilizzare quei titoli per chiedere liquidità alla Bce. In questo frangente, uno ‘worst-case scenario’ improbabile ma che non si può escludere a priori, Euroclear rischierebbe di andare in bancarotta. Cosa che sarebbe catastrofica, probabilmente peggio del fallimento di Lehman Brothers. 

Questo ‘dettaglio’ è stato indirettamente confermato da una nota pubblicata nella notte da Fitch Ratings, la quale ha messo Euroclear in credit watch negativo proprio a causa del progetto dell’Ue di sottrarle gli asset congelati alla Russia e dell’incertezza relativa alle garanzie. L’agenzia ha evidenziato il “potenziale aumento dei rischi di liquidità e legali” connesso all’eventuale prestito. Secondo Fitch, “il rischio di contenzioso potrebbe aumentare significativamente se non fosse sufficientemente compensato dalle tutele legali incluse nella struttura del prestito di riparazione”. D’altra parte, lo scenario di base di Fitch rimane che, se la Commissione “procederà con i piani per un prestito di riparazione, verranno fornite a Euroclear Bank ampie tutele legali e di liquidità”, che consentiranno alla società bruxellese di mantenere il merito di credito attuale.  

La nota di Fitch ha rafforzato ulteriormente la posizione del Belgio: pare che l’ambasciatore presso l’Ue l’abbia immediatamente girata ai colleghi. Sono cresciuti di pari passo i dubbi che vari Stati continuano a nutrire sull’opportunità di imbarcarsi in una operazione così rischiosa e complessa, inclusa l’Italia la quale, avendo un debito pubblico importante da rifinanziare, verrebbe danneggiata dall’indebolimento dell’attrattività dell’euro, perché dovrebbe pagare di più gli investitori per piazzare i propri titoli di Stato. A questo punto, “non sarebbe meglio un prestito normale all’Ucraina?”, si chiede una fonte diplomatica.  

Alla Commissione sono, o forse lo erano fino alla nota di Fitch, convinti di avere ridotto i rischi al minimo. E la decisione sul prestito cosiddetto di riparazione resta “il principale punto del Consiglio Europeo”, sul quale i leader sono chiamati a prendere “una decisione”, ha spiegato un alto funzionario Ue. Il presidente Antonio Costa “ritiene indispensabile” che una decisione venga presa questa settimana, “anche se i leader dovranno trattenersi un po’ più a lungo del solito” nell’Europa Building.  

Costa ha ventilato la possibilità di trattenere i leader a Bruxelles fino a sabato 20. Dato che il Consiglio Europeo è preceduto da un summit Ue-Balcani Occidentali, vorrebbe dire che i leader (probabilmente non tutti) dovrebbero trattenersi nella capitale belga per ben tre notti. Come scherza qualcuno, si sfiorerebbe il sequestro di persona. A Bruxelles in queste ore corrono voci incontrollate di un summit monstre, addirittura fino a domenica. Sfortunatamente, non è possibile escluderlo del tutto: nel luglio del 2020, sotto la gestione di Charles Michel, ci vollero quattro giorni e quattro notti di summit per trovare l’accordo sul Quadro finanziario pluriennale 2021-27 e su Next Generation Eu.  

Resta sempre la possibilità di avere una soluzione temporanea, che comunque sarà necessaria in ogni caso, visti i tempi biblici con cui si muove l’Ue, anche se una soluzione a medio-lungo termine va decisa adesso, per lo stesso motivo. Forse un prestito-ponte, in grado di accompagnare l’Ucraina per qualche mese, in attesa di vedere come andranno le trattative in corso. Un alto funzionario Ue non ha scartato nettamente questa possibilità, ma ha ribadito che l’ipotesi di lavoro resta il prestito di riparazione. Una fonte diplomatica fa però notare che un civil servant responsabile ha sempre un piano B, nel caso il piano A non dovesse passare. E, malgrado fonti Ue confermino che il prestito di riparazione resti “molto” sul tavolo, non è affatto detto che passi. 

La bozza delle conclusioni prevede altri punti, sui quali però non si prevedono grandi “discussioni” tra i leader. Una sarà sull’allargamento dell’Ue, ed è necessaria perché c’è la “possibilità realistica” che “a breve termine” alcuni Paesi candidati siano pronti ad aderire all’Ue: il più avanzato è il Montenegro, che ha chiuso 12 capitoli negoziali su 33. Quindi, l’Ue deve prepararsi al momento in cui dovrà decidere cosa fare: l’ultimo Paese che ha aderito all’Unione è la Croazia, entrata nel 2013, che oggi è nell’euro.  

Nel frattempo, l’Ue ha perso il Regno Unito, potenza nucleare con 70 mln di abitanti. Orban ha sottolineato l’importanza della Serbia, un “Paese chiave”, senza il quale nei Balcani Occidentali “non si fa nulla”. Il leader ungherese è tutt’altro che isolato nel considerare importante Belgrado, malgrado il suo mancato allineamento sulle sanzioni contro la Russia, con la quale ha rapporti antichi e consolidati. Intanto, la conferenza stampa finale del vertice Ue-Balcani Occidentali di questa sera è stata cancellata, ufficialmente per mancanza di tempo. 

La seconda discussione sarà sull’Mff 2028-34, la cui proposta andrebbe approvata “idealmente entro la fine del 2026”, in modo da avere “tutto il 2027” per il lavoro legislativo necessario ad un avvio fluido del nuovo Quadro finanziario pluriennale. L’Italia ha già chiarito, per bocca del ministro agli Affari Europei Tommaso Foti, di non vedere ragione per inserire nelle conclusioni una deadline a fine 2026, dato che la ‘negobox’ prevede anche i ‘rebates’, gli sconti ai contributi dei contributori netti al bilancio Ue, che la presidenza danese (e qui ha colpito ancora la ‘filiera’ Frugale) ha infilato nel pacchetto di negoziazione. L’Italia, tutt’altro che isolata, li considera “anacronistici” e “desueti”: la prima a contestare apertamente la loro riemersione, tuttavia, è stata la Francia. Anche il commissario europeo al Bilancio Piotr Serafin ha detto che la Commissione non è affatto “entusiasta” dei rebates.  

Intanto, per oggi è annunciata una protesta degli agricoltori a Bruxelles, contro la proposta di bilancio della Commissione, che accorpa Pac e politica di coesione in singoli piani nazionali, cosa che comporterà tagli. La protesta sarà diretta anche, con ogni probabilità, contro l’accordo Ue-Mercosur e potrebbe essere esacerbata dal malessere degli allevatori francesi, colpiti da focolai di dermatite nodulare che vengono combattuti abbattendo e incenerendo intere mandrie di bovini. Un metodo drastico, probabilmente inevitabile per eradicare la malattia, che però viene vissuto spesso come un trauma dai proprietari degli animali.  

I leader discuteranno anche, in vista del Consiglio Europeo informale del prossimo febbraio, di “geoeconomia”, cioè delle implicazioni strategiche che la dimensione economica ha sempre avuto. In questo ambito, verrà probabilmente discussa la nuova “postura” degli Usa di Donald Trump, che hanno applicato dazi all’Ue e ad altri partner e non nascondono la propria insofferenza per l’Unione. Verrà probabilmente sollevato anche il tema dell’accordo commerciale Ue-Mercosur, che i presidenti Antonio Costa e Ursula von der Leyen dovrebbero andare a firmare in Brasile sabato 20 dicembre. 

Non è affatto detto che ci riescano. La Francia ha chiesto ufficialmente un rinvio, perché l’Ue deve “proteggere” i propri agricoltori dalla concorrenza di produttori che non sottostanno alle medesime regole, come ha detto il ministro francese agli Affari europei Benjamin Haddad. La leader del Rassemblement National Marine Le Pen ha detto che la Francia dovrebbe “dire no”, anziché chiedere un rinvio. L’Italia non è ancora pronta a firmare e chiede l’approvazione di salvaguardie aggiuntive, uno scambio di lettere con i Paesi del Mercosur che segnali l’accettazione delle medesime e l’avvio di un provvedimento Omnibus che assicuri che nell’Ue non possano entrare tramite importazione prodotti che in Europa non si possono produrre legalmente.  

Serve ancora qualche settimana, secondo una fonte diplomatica. E, in realtà, ci sarebbe tempo fino alla metà di gennaio, dato che il Paraguay, un Paese ritenuto più malleabile per gli Usa rispetto al Brasile di Lula, assumerà la presidenza nella seconda metà del mese prossimo. Si vedrà se l’Ue riuscirà a firmare un accordo commerciale con un’area di libero scambio da oltre 280 milioni di abitanti, utile a compensare almeno parzialmente il terreno perso negli States, dove il protezionismo è tornato di gran voga.  

Il Consiglio Europeo dovrebbe prendere il via intorno alle 10, dopo i prevertici dei partiti, con il consueto intervento della presidente del Parlamento Roberta Metsola. Verrà di persona, contrariamente alle previsioni della vigilia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il programma, suscettibile di variazioni, prevede una prima discussione sull’Ucraina, poi una sull’allargamento, successivamente il bilancio Ue e poi una cena sulla geoeconomia e la competitività. Il summit si protrarrà “per tutto il tempo necessario”, minacciano fonti Ue. (di Tommaso Gallavotti) 

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