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Ucraina-Russia, domani il Consiglio europeo: i 27 divisi sugli asset congelati a Mosca

di Redazione
17 Dicembre 2025
in Italia & Mondo
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(Adnkronos) – Il Consiglio Europeo che si riunirà domani, giovedì 18 dicembre, a Bruxelles per decidere su come finanziare l’Ucraina nei prossimi due anni si preannuncia complicato. Il nodo principale del summit è il via libera, o eventualmente lo stop, a un prestito Ue all’Ucraina, il cosiddetto prestito di riparazione, basato sui beni congelati alla Banca centrale della Federazione Russa, che ammontano a 210 miliardi di euro, 185 dei quali sono nelle disponibilità di Euroclear, colosso belga che è uno snodo critico del sistema finanziario globale, attivo nella compensazione, regolamento e custodia di titoli su molti mercati finanziari, non solo europei ma anche americani e asiatici.  

Problema: i Paesi che hanno qualche perplessità, a vario titolo, sulla proposta presentata dalla Commissione non sono pochi. Se ne contano almeno sette, e sono solo quelli venuti allo scoperto. Il Belgio è contrario fin dall’inizio, essendo il Paese che rischia di più. Italia, Bulgaria e Malta hanno votato con Bruxelles per rendere semi-perenne, a maggioranza qualificata, il congelamento dei beni russi, invocando l’articolo 122 del Tfue, mossa che per Viktor Orban, affezionato al veto, equivale ad uno “stupro” del diritto Ue.  

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I quattro Paesi hanno però allegato una dichiarazione al voto in cui chiedono di esplorare opzioni alternative e meno rischiose. Un alto funzionario Ue tende a non attribuirle troppo peso: “E’ solo una dichiarazione in cui gli Stati membri approvano la soluzione, ma chiariscono le condizioni”, sostiene. Ungheria e Slovacchia sono da tempo su posizioni non allineate con la direttrice maggioritaria filo Ucraina, del sostegno ‘as long as it takes’, per tutto il tempo necessario. La Repubblica Ceca ha un primo ministro, Andrej Babis, appena tornato al potere, che viene dai Liberali ma che ora milita nei Patrioti per l’Europa, il gruppo del Rassemblement National e della Lega. Il miliardario ha già detto che Praga non intende contribuire alle garanzie necessarie affinché il prestito assomigli il meno possibile ad una confisca. 

Il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa, spiega la fonte, riterrebbe “ideale” avere un accordo “a 27”, cosa che però “non sarà possibile”, visto la scontata contrarietà dell’Ungheria, che peraltro, allo stato, sta bloccando le conclusioni su Ucraina e allargamento, come ha riferito la ministra danese Marie Bjerre. L’ideale sarebbe un ok “a 26”, quindi “speriamo che sia il più vicino possibile a 26”. Tuttavia, spiega, è impossibile fare previsioni ora: “Decideranno i leader”. Il fatto è che l’alternativa messa sul tavolo dalla Commissione, un prestito basato sull’headroom del bilancio Ue, sulla falsariga ‘tecnica’ di Next Generation Eu, necessita dell’unanimità. 

Unanimità che non c’è, perché l’Ungheria è contraria, non da oggi. Il problema, però, è politico e riguarda altri Paesi, in primis la Germania, dove l’AfD è prima nei sondaggi. Per questo, il cancelliere Friedrich Merz non può permettersi, in queste condizioni, di spiegare agli elettori tedeschi che occorre fare debito per aiutare l’Ucraina. Come ha confermato più volte l’Alta Rappresentante Kaja Kallas, l’idea di fare debito Ue per sostenere Kiev, da lei lanciata quando era ancora premier dell’Estonia, “non ha preso quota”.  

Per la fonte, questa ipotesi di lavoro, che pure la Commissione ha messo sul tavolo ben sapendo che sarebbe stata bocciata, “non è realistica”, dato che la presidenza danese l’ha portata in Coreper e “uno Stato membro era chiaramente contrario”. Pertanto, questa opzione “è stata messa sullo scaffale”. E dunque, l’alto funzionario spiega che una “cospicua maggioranza” di Stati membri appoggia l’idea del prestito di riparazione, che resta la “soluzione sulla quale lavorare” per il Consiglio Europeo. “Vedremo che cosa succede”, dice.  

In teoria, il prestito di riparazione potrebbe essere approvato a maggioranza qualificata, mettendo il Belgio in minoranza. Ma tra il dire e il fare, c’è di mezzo parecchio: l’alto funzionario, a domanda diretta, risponde che si tratta della risposta “più complessa” da dare e che “la grande maggioranza del lavoro” è stato fatto “insieme al Belgio”. Belgio che, tuttavia, resta sulle proprie posizioni, anche se, come ha detto il premier Bart De Wever, non ha la vocazione di comportarsi nell’Ue “come l’Ungheria” di Viktor Orban. Tuttavia, lo stesso De Wever ha detto di non voler credere che la Commissione possa spingersi a confiscare i soldi di una società privata contro la volontà di uno Stato membro sovrano, preannunciando azioni legali se dovesse succedere. 

Intanto, una delle condizioni che il Belgio ha posto, di non essere l’unico Paese a vedersi semi-confiscati i beni della Banca centrale russa, dovrebbe essere soddisfatta. La proposta della Commissione già prevede la partecipazione dei beni russi congelati parcheggiati in altri Paesi. Un problema particolare è quello delle banche francesi, sugli averi russi delle quali mancano dettagli. La fonte, comunque, assicura che ci sono “evoluzioni positive” sul fronte della partecipazione di “tutti gli asset congelati” al cosiddetto prestito di riparazione all’Ucraina. 

Un problema non piccolo, come spiegato recentemente dal Corriere della Sera, è che il prestito Ue all’Ucraina sarebbe costituito da titoli infruttiferi, che non producono interessi. Una caratteristica, questa, voluta dalla Germania perché, se i bond pagassero cedole, somiglierebbero molto agli Eurobond, che fanno inorridire Berlino. Il problema è che, se qualcosa dovesse andare storto, Euroclear non potrebbe usare quei titoli per chiedere liquidità alla Bce. In questo frangente, uno ‘worst-case scenario’ improbabile ma che non si può escludere a priori, Euroclear rischierebbe di andare in bancarotta. Evento che sarebbe catastrofico.  

Tuttavia, alla Commissione sono convinti di avere ridotto i rischi al minimo. E la decisione sul prestito cosiddetto di riparazione resta “il principale punto del Consiglio Europeo”, sul quale i leader sono chiamati a prendere “una decisione”, spiega l’alto funzionario. Il presidente Costa “ritiene indispensabile” che una decisione venga presa questa settimana, “anche se i leader dovranno trattenersi un po’ più a lungo del solito” nell’Europa Building. Contrariamente alla gestione di Charles Michel, sotto il quale summit interminabili erano la regola, sotto Costa sono rientrati in tempistiche meno abnormi, solitamente ridotti ad un giorno solo, ma questa volta sarà molto difficile comprimere i lavori in una sola giornata.  

Costa ha ventilato la possibilità di trattenere i leader a Bruxelles fino a sabato 20. Dato che il Consiglio Europeo sarà preceduto, stasera, da un summit Ue-Balcani Occidentali, vorrebbe dire che i leader (probabilmente non tutti) dovrebbero trattenersi nella capitale belga per ben tre notti. Non sono poche, ma non è possibile escluderlo del tutto: nel luglio del 2020 ci vollero quattro giorni e quattro notti di summit per trovare l’accordo sul Quadro finanziario pluriennale 2021-27 e su Next Generation Eu.  

Resta sempre la possibilità di approvare un prestito-ponte, in grado di accompagnare l’Ucraina per qualche mese, in attesa di vedere come andranno le trattative in corso, che hanno già spinto Kiev a non escludere la possibilità, dopo quasi quattro anni di resistenza all’invasore, di dolorose concessioni territoriali. L’alto funzionario Ue non ha scartato nettamente questa possibilità, ma ha ribadito che l’ipotesi di lavoro resta il prestito di riparazione, che è “l’opzione favorita da una grande maggioranza di Paesi”.  

La bozza delle conclusioni prevede altri punti, sui quali però non si prevedono grandi “discussioni” tra i leader. Una sarà sull’allargamento dell’Ue, ed è necessaria perché c’è la “possibilità realistica” che “a breve termine” alcuni Paesi candidati siano pronti ad aderire all’Ue: il più avanzato è il Montenegro, che ha chiuso 12 capitoli negoziali su 33. Quindi, l’Ue deve prepararsi al momento in cui dovrà decidere cosa fare: l’ultimo Paese che ha aderito all’Unione è la Croazia, entrata nel 2013, che oggi è nell’euro. Nel frattempo, l’Ue ha perso il Regno Unito, potenza nucleare con 70 milioni di abitanti.  

La seconda discussione sarà sull’Mff 2028-34, la cui proposta andrebbe approvata “idealmente entro la fine del 2026”, in modo da avere “tutto il 2027” per il lavoro legislativo necessario ad un avvio fluido del nuovo Quadro finanziario pluriennale. L’Italia ha già chiarito, per bocca del ministro agli Affari Europei Tommaso Foti, di non vedere ragione per inserire nelle conclusioni una deadline a fine 2026, dato che la ‘negobox’ prevede anche i ‘rebates’, gli sconti ai contributi dei contributori netti al bilancio Ue, che l’Italia, tutt’altro che isolata, considera “anacronistici” e “desueti”. Anche il commissario al Bilancio Piotr Serafin ha detto che la Commissione non è “entusiasta” dei rebates.  

Intanto, per domani è annunciata una protesta degli agricoltori a Bruxelles, contro la proposta di bilancio della Commissione, che accorpa Pac e politica di coesione in singoli piani nazionali, cosa che comporterà tagli. La protesta sarà diretta anche, con ogni probabilità, contro l’accordo Ue-Mercosur e potrebbe essere esacerbata dal malessere degli allevatori francesi, colpiti da focolai di dermatite nodulare che vengono combattuti abbattendo e incenerendo intere mandrie di bovini. Un metodo drastico, probabilmente inevitabile per eradicare la malattia, che però viene vissuto spesso come un trauma dai proprietari degli animali.  

I leader discuteranno anche, in vista del Consiglio Europeo informale del prossimo febbraio, di “geoeconomia”, cioè delle implicazioni strategiche che la dimensione economica ha sempre avuto. In questo ambito, verrà probabilmente discussa la nuova “postura” degli Usa di Donald Trump, che hanno applicato dazi all’Ue e ad altri partner e non nascondono la propria insofferenza per l’Unione. In questo contesto, verrà probabilmente sollevato anche il tema dell’accordo commerciale Ue-Mercosur, che i presidenti Antonio Costa e Ursula von der Leyen dovrebbero andare a firmare in Brasile sabato 20 dicembre.  

Non è ancora detto che ci riescano. La Francia ha chiesto ufficialmente un rinvio, perché l’Ue deve “proteggere” i propri agricoltori dalla concorrenza di produttori che non sottostanno alle medesime regole, come ha detto il ministro francese agli Affari europei Benjamin Haddad. La leader del Rassemblement National Marine Le Pen ha detto che la Francia dovrebbe “dire no”, anziché chiedere un rinvio. Si vedrà se l’Ue riuscirà a firmare un accordo commerciale con un’area di libero scambio da oltre 280 milioni di abitanti, utile a compensare almeno parzialmente il terreno perso negli Usa, dove il protezionismo è tornato in gran voga.  

Il Consiglio Europeo dovrebbe prendere il via intorno alle 10 di domani, dopo i prevertici dei partiti, con il consueto intervento della presidente del Parlamento Roberta Metsola, seguito da un collegamento con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il programma, suscettibile di variazioni, prevede una prima discussione sull’Ucraina, poi una sull’allargamento, successivamente il bilancio Ue e poi una cena sulla geoeconomia e la competitività. Il summit si protrarrà “per tutto il tempo necessario”, minacciano fonti Ue. (di Tommaso Gallavotti) 

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