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Quattro ore per un Labubu, cronaca pop di una fila surreale alla Rinascente

di Redazione
9 Giugno 2025
in Italia & Mondo
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(Adnkronos) – Ore 8.30 di domenica mattina: piazza Duomo è semi deserta tra sguardi addormentati, occhiali da sole e chi sorseggia un caffè con vista Madonnina. E poi ci sono loro: quelli in fila. Centinaia accalcati come sardine sotto l’enorme vetrina di lusso della Rinascente. Sono tutti qui con un solo obiettivo: mettere le mani su (almeno) un
Labubu.

Sì, quel simpatico pupazzetto di peluche che assomiglia a un gremlin o a un Furby, mascotte delle collezioni Pop Mart, con gli occhi sbarrati e il sorrisetto malefico. Ci mettiamo in fila tra i maranza (i giovani italiani di seconda generazione con tute eccentriche e marsupi sgargianti che arrivano dalle periferie) in coda sin dalla notte perché “vogliamo comprane il più possibile e poi rivenderli al triplo” raccontano senza vergogna, ventenni e signore di 50 anni con figlie al seguito. Tutti pazzi per una creatura grande quanto un succo di frutta ma capace di provocare la tempesta perfetta tra collezionisti, hypebeast e teenager che parlano solo la lingua di TikTok.

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La Rinascente ci ha visto lungo e ha fatto il colpo grosso. Pop Mart, il gigante cinese del blind box design, dopo il negozio preso d’assalto in corso Buenos Aires ha aperto il 3 giugno scorso il suo primo store temporaneo italiano proprio lì, tra il piano beauty e i brand di lusso. E ha portato con sé Skullpanda, Dimoo & co. Ma è stato il folletto dai denti appuntiti a scatenare l’inferno: edizioni limitate, accesso contingentato, vendite al contagocce. Risultato? Una fila che sfida le leggi della pazienza umana e che inizia già dalle prime ore del mattino, attorno alle 4. Anche se c’è chi ammette di aver passato la notte in coda, come una famiglia di nazionalità cinese, i primi della fila: un boom di affluenza che le urne elettorali non vedono ormai da anni.

Davanti a noi Karoline, una turista di Praga con il gilet di denim e le ciabattine ai piedi, racconta che è arrivata attorno alle 8.30 per mettere le mani su un Labubu. “Sinceramente fare più di due ore di fila lo trovo assurdo e poi posso restare poco perché ho il volo di ritorno nel pomeriggio – racconta all’Adnkronos-. Ne ho già uno ma credo non sia originale perché manca il QR code sull’etichetta. Oggi spero di acquistarlo ma vista la coda e la gente che esce con sacchetti pieni, temo che non ne troverò. La sicurezza dovrebbe avvisarci quando finiscono, così evitiamo di stare in piedi per ore inutilmente”. Davanti a lei, una ragazza si passa il rossetto, qualcuno scatta foto della fila da mostrare sui social. Un’altra sfoggia orgogliosa tre Labubu dai colori flashy che pendono dal suo zainetto rosa. In molti hanno portato lo sgabello da campeggio, qualcuno la power bank multipla, altri ancora hanno cuscini e sgabellini. Tutti indossano sneakers per correre veloci quando si apriranno le porte mentre nell’aria si respira tensione come se si dovesse sostenere un esame.

Il costo per questi mostriciattoli parte da 20 euro ciascuno ma può raggiungere cifre monstre se si passa dai canali di reselling, come in un negozio vicino via Paolo Sarpi, che vende versioni personalizzate con set, accessori e completini di lusso per vestirli che vanno dai 59 ai 500 euro. Addirittura, ci spiega una delle commesse, se si cerca un Labubu dal colore specifico il negozio offre un servizio ad hoc con tanto di lista d’attesa. Si dà un acconto, loro acquistano un set da sei Labubu e li scartano tutti fino a trovare il colore desiderato. Il tutto alla modica cifra di 400 euro. Sorpresi? Forse non sapete che uno degli aspetti caratteristici dei Labubu è il formato ‘blind box’: ogni confezione nasconde un personaggio casuale, aggiungendo all’ossessione del collezionismo l’emozione della sorpresa.

La security chiacchiera con le persone in coda e sorride, ma vigila attentamente. Ogni tanto si prova a placare la prepotenza di alcuni maranza in felpa e jeans che si danno spintoni davanti alla porta e provano a passare davanti alla famiglia di cinesi arrivati alle 23 del giorno prima: “Fate un passo indietro, vi dovete allontanare” urla il capo della sicurezza scuro in volto con in mano un blocchetto di tagliandi verdi con i numeretti che distribuisce appena si raggiunge l’agognato ingresso del department store. E, ogni volta che qualcuno esce soddisfatto stringendo in mano un sacchetto nero, l’invidia anima il lungo serpente umano che non smette di allungarsi sotto le arcate di corso Vittorio Emanuele. Scene di ordinaria follia: uno dei maranza esce trascinando un sacco gigantesco che conterrà almeno una decina di box intere di Labubu acquistati assieme ai suoi compagni. Intanto un 50enne romano sbuffa: “Sono due ore che sto qua per prendere il pupazzetto a mia figlia; in negozio costano meno, ho provato altri canali ma il prezzo sale. Almeno qui con 20 euro me la cavo, a Roma li ho cercati ma neanche si trovano”.

Quando finalmente arriviamo all’ingresso, il tempo si sospende. Dentro, scaffali gialli illuminati come reliquiari, commessi che sembrano sacerdoti del culto pop. Se sei fortunato riesci ad afferrare il Labubu della tua serie preferita, paghi ed esci. Se come noi sei in fila dalle 8.30 le chance di farlo si riducono al lumicino. Dopo quattro ore in coda lo stock giornaliero, neanche a dirlo, sta finendo. Riusciamo a mettere le mani su un paio di Labubu in edizione limitata e uno versione Coca-Cola leggermente più costosi della serie base ma in questi casi meglio di niente. Hype, follia organizzata o il semplice bisogno di possedere un oggetto per sentirsi parte di qualcosa? Alla fine, i Labubu, tra gli occhi grandi e le zanne da cartone animato, sembrano servire a questo: ricordarci che anche nel caos iper-pop di una città che corre, come Milano, c’è chi non si fa scrupoli a fermarsi in coda per ore pur di accaparrarsi un mostriciattolo con la faccia di vinile, come fosse un talismano. Tra limited edition e selfie davanti al negozio, non si compra solo un giocattolo ma l’appartenenza a un rito collettivo, effimero ma, a quanto pare, potentissimo. (di Federica Mochi)

Tags: adnkronoscronacaItaliaLabubuMilanoultimora
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