“… ecco ad un tratto la valle aprirsi e sulla cima a picco d’una collina simile ad un enorme cumulo di ruderi, apparire le rovine del castello… l’occhio stesso del passato guarda il panorama melanconico, roseo di sole nascente, la pianura ondulata con le macchie grigie delle sabbie e le macchie giallognole dei giuncheti, la vena verdastra del fiume, i paesetti bianchi col campanile in mezzo come il pistillo nel fiore…”
Una valle, un’altura con in cima i resti di un castello, le acque di un fiume che scorrono, un paese con case bianche in mezzo alle quali si scorge un alto campanile. È così che Grazia Deledda, nel suo capolavoro “Canne al vento”, descriveva Galtellì, il bellissimo borgo della Baronia, in provincia di Nuoro, che fa da cornice a questo suo celebre romanzo.
Il patrimonio storico-culturale, le bellezze naturali e la presenza del Parco letterario Grazia Deledda in cui sono rievocati, come in un itinerario, i luoghi della Sardegna che l’unica donna italiana premio Nobel per la letteratura ha magistralmente narrato nelle sue opere, sono valsi a questo comune dell’entroterra sardo il conferimento della Bandiera Arancione da parte del Touring Club Italiano.
“Galte”, come era solita chiamarlo affettuosamente la scrittrice, è un paese medievale di 2500 abitanti che conserva intatto un fascino antico e misterioso. Fatto di case in pietra e strade lastricate, è meta di pellegrinaggi da tutta Europadeterminati, oltre che dalla presenza di Casa Marras – una dimora nobiliare del Settecento che ospita un suggestivo museo etnografico -, dalla sua grande vocazione religiosa testimoniata dalla presenza di ben cinque chiese nel raggio di un solo chilometro quadrato, tra le quali l’ex cattedrale di San Pietro che ospita una serie di affreschi medievali.
Il comune sorge ai piedi del panoramico Monte Tuttavista, che supera gli 800 metri d’altitudine, nella cui cima svetta una maestosa statua in bronzo del Cristo, altro punto di richiamo per i fedeli. Poco distante, sul versante meridionale del monte, si trova invece il monumento naturale di Sa Preta Istampata, una parete rocciosa sulla quale i processi di erosione carsica hanno creato un ampio foro circolare che appare come una suggestiva finestra naturale su quella vallata, ricoperta di campi coltivati e canneti, in cui si sviluppa Galtellì, e che si apre verso il mare del Golfo di Orosei seguendo il corso del fiume Cedrino che bagna la zona.
Ma questo borgo, proprio per la sua collocazione, è passato alla storia anche come centro dalla vocazione militare e di potere simboleggiati, in particolare, dal Castello di Pontes, una fortezza medievale abbarbicata su uno sperone roccioso in prossimità del Tuttavista, a soli due km dal centro abitato.
Sorto su un’antica fortificazione romana, i cui resti furono poi inclusi nelle sue fondamenta, questo maniero fu fatto costruire nel 1070 dai Giudici di Gallura per difendere i confini meridionali del Giudicato che venivano minacciati dagli Aragonesi, i quali riuscirono comunque ad impadronirsi del castello nel XIV secolo, beneficiando così della sua importanza strategica, oltre che di quella dell’intera Galtellì, per il controllo su tutta l’area e sui traffici commerciali nel Golfo di Orosei.
Nonostante la struttura fu ricostruita più volte, cadde poi in rovina. Abitata fino al Quattrocento, venne poi abbandonata. Su di essa, tuttavia, oltre alle storie delle battaglie e delle dominazioni di cui fu teatro, aleggia anche una misteriosa leggenda. Si racconta, infatti, che il fantasma del suo ultimo proprietario, il barone Guiso, vagherebbe di notte tra le rovine del palazzo, mentre i fantasmi degli altri membri della famiglia si aggirerebbero nei sotterranei. La stessa Grazia Deledda nella sua opera diceva:
“… I fantasmi degli antichi Baroni scendevano dalle rovine del castello sopra il paese di Galte e percorrevano le sponde del fiume alla caccia dei cinghiali e delle volpi…”.
Molti narrano di un incontro tra lo spettro del barone e un contadino che trasportava della legna. Pare che il nobile gliene chiese un po’ per proteggere dal freddo i suoi famigliari e, nonostante le condizioni di indigenza, il contadino gliela donò per tutta la stagione invernale. Pur non volendo niente in cambio, si dice che da quel momento il contadino divenne ricco, venendo ricompensato per la sua generosità con sacchi pieni d’oro.
Oggi del castello di Pontes rimangono solo i ruderi. Per osservarlo è necessario avventurarsi in uno dei sentieri attrezzati e segnalati del Monte Tuttavista. Dell’antica struttura, ad essersi conservati sono solo una parte della cinta muraria e i resti di una delle due torri, ancora in piedi fino all’Ottocento. Grazie ad una scalinata, è inoltre possibile arrivare fino al piano superiore da cui si può godere di una splendida vista sulla valle del Cedrino e dove sono ancora presenti tracce di un forno e di una cisterna interrata.
È difficile stabilire se le poche tracce rimaste siano sufficienti per immaginare questo castello medievale in quella che doveva essere la sua grandiosità e imponenza, ma almeno la sua fama e la sua avvincente storia, così ben custoditi in quelle pagine scritte da Grazia Deledda, sopravviveranno sicuramente per l’eternità.