Nel giugno 2017, l’UNESCO ha inserito tra i propri patrimoni un’area della Sardegna che si snoda tra mare e montagna nel nord-est della Sardegna: il Parco di Tepilora.
Tepilora è ancora fuori dagli itinerari più tipici e conosciuti dai turisti e i suoi magnifici panorami restano ancora sconosciuti ai più, almeno per quanto riguarda l’entroterra, considerato che il territorio del parco arriva ad abbracciare anche le spiaggie di Orvile, Sos Iscraios, Su Tiriarzu e San Giovanni, in territorio di Posada. Spiagge, queste, conosciutissime, in quanto parte della costa delle Baronie, comprendente i litorali di Orosei, Siniscola e, appunto, Posada, e adiacente alle altrettante celebri spiagge di Budoni e San Teodoro.
Il riconoscimento del Parco di Tepilora come quindicesima “Riserva della biosfera” da parte dell’UNESCO rientra nel programma “Uomo e Biosfera”, nato nel 1971 e mirato a promuovere la conservazione delle risorse e la sostenibilità del loro utilizzo.
Il Parco prende il nome da punta Tepilora, situata nella parte settentrionale del territorio di Bitti, ma visibile da gran parte delle aree circostanti, grazie alla sua particolare morfologia. La vetta principale del parco, tuttavia, è Nodu Pedra Orteddu, coi suoi quasi 1000 metri di altitudine, ricca di boschi e corsi d’acqua.
Negli scorsi decenni, diverse aree del parco nelle quali la vegetazione spontanea di lecci, corbezzoli e ginepri era stata compromessa dagli incendi e dal pascolo, sono state interessate da interventi di riforestazione, che hanno aiutato la fauna locale a prosperare nuovamente, tanto che oggi non è raro incontrare lepri, volpi, cinghiali, gatti selvatici, daini e, talvolta, persino mufloni, falchi pellegrini e aquile reali, che presso punta Tepilora nidificano.
Diversi sono gli elementi che caratterizzano il parco: uno fondamentale è l’acqua, che scorre nei numerosi ruscelli e che forma persino delle cascate, come nel caso di S’Illiorai, per poi confluire nell’unico vero fiume della zona, il Rio Posada, che, a valle, nei pressi di Torpé, forma un magnifico lago, grazie allo sbarramento della diga di Maccheronis, prima di sfociare nella costa.
Un altro elemento caratterizzante sono le rocce, che compongono ripide gole lungo i ruscelli e che formano peculiari creste nelle montagne del parco.
Poi ovviamente c’è la natura, con le diverse specie di pini, frutto del già menzionato rimboschimento, e di macchia mediterranea, che vanno a comporre le foreste di Crastazza, Sos Littos, Sant’Anna e Usinavà.
Non manca neanche l’elemento archeologico, considerato che l’area del parco ricomprende anche il complesso nuragico di Su Romanzesu, così chiamato per la presenza di antiche testimonianze di epoca romana, frutto della colonizzazione dell’altopiano e della costruzione di mansiones (fattorie). Il complesso accoglie i resti di un pozzo sacro, di un anfiteatro, di diversi templi e persino di un labirinto.
Gli accessi al parco sono molteplici, specialmente per la parte montuosa nell’entroterra (per quella marittima, basta percorrere la 131 DCN e svoltare all’uscita di Posada, tra Nuoro e Olbia): il modo più semplice è entrare dal paese di Lodé o dalla frazione montana di Sant’Anna, mentre due itinerari più tortuosi e “agresti” permettono di arrivare da Bitti alla foresta di Crastazza o da Alà dei Sardi nella parte settentrionale del parco.
I motivi per visitare il parco non mancano, non solo per la sua intrinseca bellezza e in occasione delle numerose feste organizzate dai paesi circostanti, ma anche in virtù dei magnifici territori adiacenti, a partire dalle meravigliose spiagge delle Baronie per arrivare ai panorami mozzafiato del Montalbo, una gigante catena bianca di calcare che corre davanti al mare per 15 km mantenendo costantemente un’altitudine superiore intorno ai 1000 metri, fino ai desolati altopiani del Montacuto, che si snodano tra Alà dei Sardi, Buddusò e Bitti.
Insomma, un’occasione specifica non è sicuramente necessaria per visitare questo ennesimo angolo di paradiso in Sardegna, ma se la si vuole cercare, non ci saranno problemi a trovarla!