Nella storia dell’uomo, si è sempre cercata una spiegazione all’inconsueto tramite la tradizione orale che si adatta e si modella alle esigenze del luogo. Accadde così in Sardegna che, per cercare di giustificare i comportamenti poco consoni di taluni abitanti, si sia tramandata la storia di Pazzia, che coinvolge diversi paesi sardi, dall’entroterra alla costa.
Pazzia, bellissima e scaltra donna, venne incontrata per la prima volta dagli abitanti di Paulilatino nel pozzo di Santa Cristina. Questi, ammaliati dalla sua bellezza, decisero di ospitarla in paese dove, fin da subito, venne presa in grande considerazione per il suo carattere spigliato. Ogni giorno, diversi abitanti si recavano da lei in cerca di consigli che dispensava in modo alquanto bizzarro, in base al colore che il suo dito indice assumeva una volta immerso in un vaso di terra.
Quando, dopo circa un mese, comunicò di voler lasciare il paese, gli abitanti impazzirono e corsero a chiudere ogni strada d’uscita, ma ella non si preoccupò e salutò i suoi più assidui frequentatori donando loro un pezzo di ferro, simile al suo dito, da piantare al suolo, poi si trasformò in avvoltoio e volò via lasciando tutti con un palmo di naso e poco giudizio.
Giunta a Milis, dove riprese forma umana, si fermò a riposare in un agrumeto apprezzando il profumo delle zagare e da quel momento, gli uomini del paese divennero industriosi e le donne assai fredde. Proseguì il viaggio verso Bauladu e lì seminò pigrizia e vanità, a Solarussa invece, dopo essersi ubriacata con dell’ottima vernaccia, lasciò gli uomini risoluti e le donne civette.
Arrivata presso Oristano, si dissetò allo stagno di Santa Giusta immergendosi nelle sue acque dove riversò tutto il sale in zucca tolto nei paesi che aveva attraversato, trasformandolo in salato e privando gli abitanti del loro intelletto. Raggiunse Cabras dove gustò del fortissimo vino nero e la bottarga che trovò parecchio eccitante. Gli uomini così divennero ubriaconi, beffardi e attaccabrighe e le donne petulanti e volubili. Andò subito via per riposare verso Riola Sardo ma venne disturbata dalle zanzare che la costrinsero a fuggire lasciando, per dispetto, gli uomini rozzi e le donne scure e affumicate.
Sua ultima tappa fu Seneghe dove si fermò a lungo. Giovani e anziani, stregati da tanta bellezza, si innamorarono di lei facendo a gara per vederla e circuirla ai piaceri più voluttuosi ma senza successo. Ella rifiutò tutte le proposte di matrimonio provocando l’ira negli uomini e la gelosia nelle donne. Tutto il paese indispettito si riunì per mandarla via ma ella, venuta a conoscenza del piano, si procurò la morte mangiando un’erba velenosa, forse melassa.
Una scelta estrema, dal finale amaro, ma significativo per la sete di indipendenza di Pazzia.