“L’anno che sta arrivando tra un anno passerà, io mi sto preparando è questa la novità”, cantava Lucio Dalla nella sua canzone “L’anno che verrà”, e la notte del 31 dicembre quasi tutti nel mondo si preparano a celebrare il Capodanno, per salutare l’anno vecchio che se ne va e accogliere con gioia, speranza e buoni propositi dei nuovi 365 giorni tutti da vivere e scoprire.
Se feste con amici e parenti, cenoni con tavole imbandite di leccornie, musica e balli, dominano immancabilmente la notte più lunga dell’anno, è anche vero che in tanti continuano a portare avanti, quasi come dei rituali scaramantici, anche una serie di riti e tradizioni che, almeno nelle credenze popolari, vengono considerati di buon auspicio. Da quelli più internazionali, come il lancio dei fuochi d’artificio allo scoccare della mezzanotte, il bacio sotto il vischio o la moda di indossare un capo di abbigliamento intimo rosso, colore che si dice porti fortuna, fino a quelli nostrani, come l’usanza di mangiare cotechino e lenticchie, considerate sinonimo di abbondanza e ricchezza.
Proprio in Italia, dove a Capodanno è in buona parte la superstizione a farla da padrona, esistono anche altre tradizioni e riti scaramantici tanto suggestivi quanto antichi che, proprio come dice il proverbio “Paese che vai, usanza che trovi”, sono diversi da regione a regione e da città a città.
Anche in Sardegna, infatti, dal nord al sud dell’Isola, vi è un susseguirsi di usi e costumi davvero unici e caratteristici che accompagnano la notte di San Silvestro. Si tratta di usanze che affondano le loro radici nei secoli passati, addirittura all’epoca dei Romani. In quel periodo, durante il primo giorno del nuovo anno, chiamato kalendae, si usava mettere a disposizione un bene materiale da condividere con altre persone, indipendentemente dal ceto sociale di appartenenza. Questa abitudine è sopravvissuta fino ai giorni nostri e viene messa in pratica, sia pur con modalità differenti da un comune all’altro, attraverso i riti tradizionali de “su trigu cottu” e “sa candelarìa”.
“Su trigu cottu” viene celebrato nella zona del Medio Campidano, in particolare a Sardara, dove, proprio come nel mondo contadino, il grano viene ancora considerato il bene più prezioso. Su trigu cottu, infatti, altro non è che il grano cotto, con cui viene preparato, generalmente per la ricorrenza del primo gennaio, un dolce molto semplice, ottenuto portando il grano cotto all’ebollizione per poi condirlo con la saba, un delizioso mosto cotto tipico della cucina sarda. Secondo la tradizione, consumare una ciotola di grano con il latte la mattina del primo giorno dell’anno, oppure offrire questo piatto in dono ad amici e parenti o ai bambini che passano di casa in casa facendone richiesta, è un segno benaugurale per l’inizio del nuovo anno e per la conclusione del vecchio, dal momento che il grano viene considerato simbolo di prosperità e di salute.
Altra usanza attesa con trepidazione, stavolta in Barbagia, e soprattutto a Orgosolo, è “sa candelarìa”. Qui, infatti, già dalle 8 del mattino e fino a mezzogiorno, le strade pullulano di bambini gioiosi, di età compresa tra i quattro e i dodici anni, che, armati di sacchetti – solitamente federe di cuscini -, bussano alle porte chiedendo alle padrone di casa: “A nolla dàzes sa candelarìa”? (“Ci dareste la candelarìa?). I doni consistono in caramelle, frutta, dolcetti, qualche soldino e, soprattutto, su cocone, che altro non è che un quarto di sa tundina, un tipico pane, buonissimo e morbidissimo, preparato con semola di grano duro, lievito e strutto, chiamato così proprio in virtù della sua forma rotonda. Questo per i bambini è un momento molto importante perché rappresenta il passaggio dall’infanzia alla fanciullezza e, per i dodicenni, alla fase adolescenziale, e dunque l’acquisizione di una loro prima autonomia dalla famiglia.
Ma ad Orgosolo la festa de la candelarìa prosegue anche di sera e ha come protagonisti gli adulti, donne e uomini che, intonando canzoni di buon augurio per i novelli sposi unitisi in matrimonio proprio nell’anno che sta volgendo al termine, si recano nelle loro case a fargli visita e a chiedere su cocone, dolci tipici sardi, liquori, vino, cioccolatini e torrone messi a disposizione dalle giovani coppie. Il tutto avviene in un clima di festa che si protrae fino alle prime luci dell’alba.
I più anziani ricordano che alla candelarìa notturna in passato partecipava anche la gente povera dei paesi vicini, in particolare Oliena, Mamoiada e Fonni, che non era nelle condizioni di poter rinunciare alla possibilità di ricevere gratuitamente del cibo.
Intanto, tra usanze legate alla tradizione e altre più moderne e diffuse, il conto alla rovescia per il nuovo anno è già cominciato.