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Deus Ti Salvet Maria: origine e significato del canto mariano in lingua sarda

Dalla missione dei Gesuiti alla voce di Maria Carta e Fabrizio De André: viaggio nel testo, nella metrica e nelle emozioni di un inno senza tempo della tradizione isolana

di Chiara Medinas
11 Maggio 2025
in Folklore & Tradizioni
🕓 3 MINUTI DI LETTURA
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Nonostante il passare degli anni esistono canzoni che scalfiscono spazio e tempo, continuando a essere ascoltate come se fossero state composte il giorno prima. Ognuno ha i propri motivi per sentirle, dallo stile particolare o la voce del cantante fino a questioni più profonde, dove le note smuovono fin dentro al cuore e danno forma ai sentimenti. Un meccanismo che abbraccia anche vari canti del repertorio isolano di argomento laico – impossibile dimenticare il brano “No potho reposare” – e religioso come il “Deus Ti Salvet Maria”.

Suggello della devozione isolana per la Madonna, il “Deus Ti Salvet Maria” si caratterizza per un titolo evocativo ma fuorviante,in quanto collegato impropriamente dai più all’Ave Maria Sarda. Malgrado l’apparente similarità, il canto in realtà deriva dalla traduzione sarda di una parafrasi della preghiera mariana,effettuatadal padre missionario Innocenzo Innocenti e pubblicata nel 1677 nella “Dottrina Cristiana spiegata in versi”.

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Un testo inseritosi in un momento di rinnovamento della Chiesa Cattolica, orientato al diffondere verità di fede partendo dai più umili. Iniziato a partire dal XVI secolo, in Sardegna tale processo ebbe come attivi protagonisti i Gesuiti, che presto compresero la necessità di adottare il sardo al posto del latino per comunicare meglio col popolo. Uno scopo raggiunto tramite la creazione di nuovi testi in lingua locale e la traduzione in sardo di quelli già esistenti in latino.

Proprio in questo contesto nacque probabilmente anche il “Deus Ti Salvet Maria”, che malgrado la traduzione in sardo mantenne la stessa forma metrica scelta in origine da Innocenti. Chiamata “oda per musica” o “zingaresca”, tale struttura prevede l’uso di poesia cantata e si compone di 3 strofe da 7 versi più un’ultima sezione da 4 o 5 righe.

Ad accentuare ulteriormente le parole d’amore per Maria contribuiscono inoltre le rime incrociate – caratterizzate da versi che non rimano consecutivamente, ma in alternanza – e incatenate, con l’ultimo rigo di una strofa che rima con il primo della successiva: “Deus ti salvet, Maria/chi ses de gratia plena/De gratias ses sa vena/ei sa currente” (Dio ti salvi Maria/che sei piena di grazia/di grazie sei la fonte/e il fiume) “Su Deus onnipotente/cun tegus est istadu/Pro chi t’hat preservadu/Immaculada” (Il Dio onnipotente/con te è (sempre) stato/perciò ti ha preservato/Immacolata).

Se a livello metrico vi sono informazioni sicure, meno certe sono invece quelle sull’artefice della traduzione sarda del canto. Potenzialmente legata all’ambiente gesuita, la sua identità genera ancora domande e ha fatto prendere in considerazione figure come il neonelese Bonaventura Licheri o padre Gian Battista Vassallo, piemontese giunto in Sardegna nel 1726 e ritenuto il vero traduttore dallo studioso Roberto Milleddu.

A prescindere dall’ipotetica verità, è appurato che per tutto il XVIII e XIX secolo il brano continuò a circolare in Sardegna grazie soprattutto all’azione del Seminario Regionale di Cuglieri (OR) aperto nel 1927. Fu proprio qui infatti che il “Deus Ti Salvet Maria” ebbe per la prima volta una notazione musicale scritta all’interno del “Sacri Concentus”, libro contenente tutti i canti imparati dai Gesuiti del Seminario.

Malgrado la chiusura della struttura nel 1970, il “Deus Ti Salvet Maria” non solo continuò a essere eseguito e diffuso grazie a Gesuiti tornati ai paesi d’origine, ma nel frattempo fece il suo ingresso anche nel mercato discografico. A partire dagli anni ‘60 sono infatti note registrazioni del canto con peculiari modalità, dall’uso a Mamoiada (NU) come formulacontro il malocchio– riscontrata nel 1967 da Diego Carpitella e Clara Gallini nell’esecuzione di Michela Gregu – alle varianti più conosciute di Maria Carta (1974) e Fabrizio De André.

Contenuta nell’album “L’Indiano” del 1981, la versione del Faber nacque dal suo grande amore per la Sardegna e s’ispirò alla variante realizzata da “Is Cantores”, gruppo fondato nel 1975 dal chitarrista Albino Puddu. Malgrado variazioni tecnico-melodiche tra i 2 brani, a livello emotivo ci fu lo stesso forte coinvolgimento, ancora oggi motore di altrettante esecuzioni in occasioni religiose e nell’ambito della musica pop.

Superare le contrapposizioni e unire interiormente: proprio in questo risiede il fascino del “Deus Ti Salvet Maria”, che non smette tutt’ora di alimentare un intramontabile affetto.

Tags: Chiesa Cattolicalingua sardamusicaSardegnatradizioni
Chiara Medinas

Chiara Medinas

Assidua frequentatrice di musei e grande amante delle pardule, la curiosità è la mia musa ispiratrice. Se è vero che la bellezza sta negli occhi di chi guarda, credo non ci sia sensazione migliore che provare stupore per le piccole cose.

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