Alberto Pellai e Barbara Tamborini presentano ad Ittiri e ad Alghero il loro libro “Vietato ai minori di 14 anni”

Saranno ospiti del festival “Dall'altra parte del mare” giovedì 30 giugno a Villa Mosca e venerdì 1° luglio in Piazza del Comune ad Ittiri

Alberto Pellai e Barbara Tamborini - Dall'altra parte del mare

Ad Alghero e Ittiri doppio appuntamento con Alberto Pellai e Barbara Tamborini. Giovedì 30 giugno, ad Alghero (Villa Mosca ore 19:30) e venerdì 1° luglio a Ittiri (Piazza del Comune ore 19:00) i due autori saranno ospiti del festival Dall’altra parte del mare per conversare con il pubblico del loro attualissimo “Vietato ai minori di 14 anni” (De Agostini) il libro sull’utilizzo degli smartphone da parte dei bambini.

Alberto Pellai è medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il dipartimento di Scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano. Nel 2004 il ministero della Salute gli ha conferito la medaglia d’argento al merito in Sanità pubblica. È autore di molti famosi libri di parenting e psicologia, tra i quali “Tutto troppo presto. L’educazione sessuale dei nostri figli ai tempi di Internet” e “Mentre la tempesta colpiva forte” e, con Barbara Tamborini, “L’età dello tsunami” e “Il metodo famiglia felice”. Coppia anche nella vita, Alberto e Barbara hanno quattro figli: Jacopo, Alice, Pietro e Caterina.

Barbara Tamborini è psicopedagogista e scrittrice. Tiene laboratori educativi nelle scuole di ogni ordine e grado e corsi di formazione per docenti e genitori. È autrice di libri per bambini e ragazzi e coautrice, insieme ad Alberto Pellai, di volumi di psicologia e parenting molto apprezzati e tradotti in diversi paesi, oltre che della serie televisiva “Le cose che… nessuno ha il coraggio di dirti prima dei 10 anni”.

Il libro. Smartphone e tablet: Non sono adatti ai loro bisogni. Riducono la probabilità di successo scolastico, interferiscono con lo sviluppo della mente in età evolutiva, impattano sullo stato di salute organica dei nostri figli. Riducono le competenze empatiche, influiscono sulle reazioni emotive, creano ansia e dipendenza, generano diseducazione sessuale, interferiscono con il bisogno di sonno, non aumentano il senso di protezione e sicurezza.

A un anno e mezzo abbiamo regalato un triciclo a nostro figlio, dopo lo abbiamo fatto salire su una bicicletta, prima con le rotelle e poi senza. Col tempo, la bicicletta è diventata sempre più grande. Ora che ha tredici anni, magari il nostro ragazzo è alto un metro e ottanta, ma non per questo gli permettiamo di guidare una moto o un’auto. Con lo smartphone, il tablet o il computer dovrebbe funzionare allo stesso modo: dovremmo evitare che bambini e preadolescenti ne abbiano uno personale fino ai quattordici anni. La ragione è semplice: disporre di un dispositivo proprio che consente l’accesso alla rete non risponde ai loro bisogni e interferisce con la loro crescita. Il fatto che i nostri figli abbiano una confidenza che sembra innata con questi mezzi non significa che li sappiano usare davvero, che siano capaci di gestire la dipendenza o l’enorme esposizione che il mondo online, con i videogiochi o con i social, può dare.

E questi sono solo alcuni dei molti motivi che gli esperti di psicologia dell’età evolutiva Alberto Pellai e Barbara Tamborini illustrano in questo manuale coraggioso, controcorrente e più che mai necessario. Guidati dalla loro esperienza e dalle testimonianze dei genitori che incontrano ogni anno, e sostenuti dai risultati delle più recenti ricerche scientifiche che indagano il rapporto tra minori e dispositivi, gli autori propongono un percorso di accompagnamento all’uso delle tecnologie che consentirà ai nostri figli di gestire in modo consapevole la loro futura vita online. Con molti esempi tratti dalle situazioni di tutti i giorni, gli autori ci suggeriscono alcune strategie per riempire il tempo dell’attesa, o quantomeno ritardare il più possibile il momento in cui i nostri figli avranno un dispositivo tutto per loro. Questa attesa a volte risulterà logorante per i continui litigi, in cui ci accuseranno (non solo i nostri figli) di essere “antichi”. Ma è un rischio che abbiamo il dovere di correre, di fronte ai dati sempre più allarmanti che stanno venendo alla luce sull’uso precoce e senza limiti delle tecnologie. Perché il nostro ruolo di genitori è anche quello di combattere battaglie scomode, per il loro bene.

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