Da oggi fino al 16 novembre 2025, il MAN Museo d’Arte della Provincia di Nuoro ospita “Isole e Idoli”, una mostra che esplora il legame tra l’insularità e le forme scultoree arcaiche, rilette attraverso lo sguardo degli artisti del Novecento. Con un orario continuato dalle 10 alle 19 (chiusura il lunedì), il percorso espositivo si interroga sulla persistenza di simboli e miti antichi nelle espressioni moderne, mettendo in relazione le figure totemiche delle isole con l’evoluzione della scultura contemporanea.
Il progetto, curato da Chiara Gatti e Stefano Giuliani con i contributi di Matteo Meschiari, parte dalla suggestione di come gli idoli antichi, dai cicladici agli archetipi sardi, siano riemersi nella produzione di artisti come Gauguin, Arp, Miró, Matisse e Giacometti. Non si tratta di un semplice viaggio alla scoperta e imitazione dell’esotico, ma di un processo in cui le forme arcaiche tornano a manifestarsi in epoche e contesti differenti, in risposta a un bisogno costante dell’umanità: dare corpo al sacro, rendere visibile l’invisibile.
Fin dalla “fuga” bretone di Gauguin nel 1886, l’isola è concepita come spazio simbolico e sospeso, luogo altro rispetto al mondo razionalizzato. Gauguin, nelle sculture lignee realizzate a Tahiti, traduce questa tensione in idoli ieratici e vibranti. Jean Arp si lascia attrarre dalle statuette cicladiche che colleziona, riconoscendone un’astrazione originaria. Max Pechstein, giunto nel 1914 nell’arcipelago di Palau, coglie nei volti degli isolani la stessa solennità delle divinità scolpite, mentre Miró, evocando le statue Moai dell’Isola di Pasqua, ne fa un punto di partenza per nuove sintesi formali. Giacometti, invece, trova la propria isola interiore nei paesaggi del Maloja: ogni suo ritratto diventa custode di uno spazio spirituale.
Il pensiero alla base della mostra si allontana da letture stereotipate dell’insularità come isolamento o marginalità. Il saggio di Matteo Meschiari offre una riflessione ampia sulle implicazioni culturali e antropologiche legate all’essere-isola. Secondo questa prospettiva, le isole – soprattutto quelle oceaniche – non sono luoghi chiusi, ma nodi aperti in un arcipelago in movimento, punti di passaggio in un universo dominato dall’acqua.
In questo contesto si inserisce anche l’approfondimento dedicato alla Sardegna preistorica, articolato in quattro nuclei tematici: il toro, la Dea Madre, il “capovolto” e le statue menhir antropomorfe. Questi elementi, oltre a testimoniare la varietà dell’immaginario sardo antico, stabiliscono un dialogo diretto con le opere dei maestri del Novecento, a partire da una comune tensione verso il simbolico.
La mostra si compone di oltre settanta opere, con reperti archeologici provenienti dai musei della Sardegna, dal Menhir Museum di Laconi e dai Musei della Bretagna, a cui si aggiungono prestiti prestigiosi dal Musée du Louvre, dalla National Gallery di Praga, dalla Fondation Giacometti e da importanti collezioni pubbliche e private europee.
L’allestimento, progettato dall’architetto Giovanni Maria Filindeu, è pensato come un arcipelago di nuclei tematici. L’uso di materiali come il celenit e la sabbia lavata suggerisce connessioni con il paesaggio e l’ambiente naturale, restituendo al visitatore un’esperienza visiva coerente con il contenuto concettuale della mostra.
