A Castelsardo è visitabile fino al 12 ottobre la mostra “Tessere la Pace. Omaggio a Guernica. Radici nel passato, idee per il futuro”, promossa dall’associazione Michele Giua con la partecipazione di Intrecci culturali, che ha dedicato la propria adesione a tutte le vittime delle guerre. L’iniziativa offre un’occasione di riflessione sul valore dell’arte come memoria e come invito alla pace.
Il cuore del progetto è il richiamo a “Guernica” di Pablo Picasso, simbolo universale dell’orrore della guerra. Nel testo di presentazione si legge: “L’orrore è una questione di prospettiva. Potete fingere di non vedere, di non capire. Potete chiudere gli occhi, ma lui è lì: a ricordarvi la cattiveria, a scavare solchi tra l’indifferenza e la coscienza.” Le immagini di Gaza, con le madri dagli sguardi attoniti e le mani rivolte verso un cielo che non risponde, vengono accostate al dipinto del maestro spagnolo, con la stessa forza di denuncia che Picasso ricordò ai soldati nazisti: “Il quadro di Gaza lo avete dipinto voi”.
La mostra, inaugurata il 20 settembre, nasce dalla direzione creativa dello studio Pratha di Graziella Carta e dal lavoro di un gruppo di tessitrici che, per cinque mesi, hanno utilizzato il telaio e la lana grezza per dare forma a otto tavole ispirate al capolavoro di Picasso. Le riproduzioni in orbace restituiscono l’impatto visivo e simbolico dell’opera originale, trasportandone i segni e le tensioni nel linguaggio della tradizione sarda.
Durante l’inaugurazione è stata ricordata la Carta di s’Aspru, con l’auspicio che le firme possano arrivare fino a Gaza come messaggio di speranza, e con la consapevolezza che tanto il dipinto quanto i tappeti d’orbace possano essere guardati come opere d’arte e non come testimonianze di violenza e sopraffazione.
Il percorso espositivo diventa così un invito a interrogarsi sul significato di Guernica come monito contro tutte le guerre. Come affermano gli organizzatori: “L’orrore è davvero una questione di prospettiva. Guernica doveva essere un monito contro tutte le guerre. Abbiamo ancora molto da imparare, e dobbiamo trovare il coraggio di osservare quel dipinto e quelle riproposizioni in orbace e poter dire, con forza e determinazione: ‘Non lo abbiamo fatto noi’.”
