Viaggio sul filo delle emozioni con “Breaking Through the Generational Curse / Labyrinth” – nuova produzione della compagnia Alessandra Corona Performing Works / ACPW – in tournée nell’Isola sotto le insegne della Stagione di Danza 2021-2022 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna: un intrigante dittico che accosta le coreografie create rispettivamente da Maiya Redding e Alessandra Corona, in cartellone giovedì 17 marzo alle 21 all’Auditorium Comunale “Nelson Mandela” di Santa Teresa Gallura, venerdì 18 marzo alle ore 21 all’AMA / Auditorium Multidisciplinare di Arzachena (in collaborazione con Deamater), sabato 19 marzo alle 21 al Teatro Civico “Oriana Fallaci” di Ozieri e domenica 20 marzo alle 19 al Teatro Civico di Sinnai (per la Stagione Teatrale “Il Paese del Vero” de L’Effimero Meraviglioso in collaborazione con CeDAC).
Sotto i riflettori i danzatori Alessandra Corona, Maria Vittoria Villa, Brian Castillo, Lil Aronoff, Emily Paige Anderson, Kyle James Adam, Zackary Anderson e Madeline Burr per un raffinato ed evocativo, duplice, racconto per quadri ispirato alle dinamiche familiari e al potere salvifico dell’amore. Uno spettacolo affascinante su questioni fondamentali, poiché tutti prima o poi si trovano a fare i conti con le proprie origini, con la propria educazione e con le regole e condizionamenti imposti dall’ambiente in cui sono cresciuti, cui obbedire, adattarsi o ribellarsi seguendo le proprie inclinazioni e il proprio istinto, qui declinate attraverso i linguaggi universali della danza e della musica in una trasfigurazione poetica e immaginifica.
“Breaking Through the Generational Curse” (letteralmente un invito a “spezzare la maledizione delle generazioni”) della coreografa statunitense Maiya Redding «descrive l’evoluzione di una famiglia, in un lungo viaggio alla scoperta di nuove forme di relazione, nel tentativo di cambiare gli schemi negativi trasmessi da una generazione all’altra»: suggestive geometrie di corpi in movimento per affrontare temi come la gelosia e la solitudine, il rimpianto, la capacità di perdonare, di offrire sostegno e conforto, una grammatica dei sentimenti per (re)imparere a volersi bene. Sulle note di “Meeting Along the Edge” e “Channel and Winds” di Philip Glass e Ravi Shankar, “Tango” della band georgiana Mgzavrebi e “Rhythme Speaks” del suonatore di tabla indiano Bikram Ghosh otto performers incarnano le figure simboliche di una “costellazione familiare” e i reiterati tentativi di rivoluzionare gli schemi e reinventare comportamenti e atteggiamenti mentali, ripartendo dalla psiche e dalle esigenze individuali, dal rispetto reciproco e dall’affetto, per costruire una nuova armonia.
“Labyrinth” è tema e titolo emblematico della creazione di Alessandra Corona, affermata danzatrice e coreografa cagliaritana, formatasi all’Accademia Nazionale di Danza di Roma e perfezionatasi alla scuola di Renato Greco, all’attivo un’intensa carriera tra le tournées internazionali con la Renato Greco Dance Company e il Ballet Hispanico e spettacoli in prestigiosi teatri e importanti festival al di qua e al di là dell’oceano, che da anni vive e lavora a New York dove ha fondato la Alessandra Corona Performing Works / ACPW. “Labyrinth” – per sette danzatori – affronta il tema dell’esistenza umana, tra progetti e scelte individuali e lotta contro le leggi ineluttabili del fato: al centro la storia di due innamorati «intrappolati in un labirinto psicologico creato da loro stessi e incapaci di cambiare il proprio destino se non attraverso l’amore». Una pièce avvincente impreziosita dalle musiche originali di Thomas Lentakis (“OceanMix”, “Typerlab”, “Garden (Reprise)”, “GardenLab”, “SobregatMix”, “DahliaMix”, “SympathiesMix”) e dai video di Giovanni Coda, Andy Santana, Jamie Lamm e Steven Pisano per un’indagine sulla forza delle passioni e sulle contraddizioni del cuore, e un’esortazione a superare le barriere invisibili e gli ostacoli che spesso inconsciamente mettiamo sul nostro cammino rinunciando alla felicità.
“Breaking Through the Generational Curse” di Maiya Redding e “Labyrinth” di Alessandra Corona propongono due differenti visioni all’interno di una estetica contemporanea in cui la danza diventa strumento di conoscenza, di esplorazione di sé e del mondo, in una narrazione corale in cui tecnica e espressione di fondono a disegnare un affresco della società. Focus sulle molteplici sfaccettature dell’animo umano e sull’ambiguità delle relazioni, sull’influenza della cultura e della tradizione patriarcale (o matriarcale) nella definizione della personalità e sulla capacità e le possibilità di modificare la sorte e riscrivere il proprio futuro. In balia del caso – o del caos – e ignari di quanto riserva l’avvenire, tanto più in un’epoca di incertezza e precarietà nel lavoro come nei rapporti personali, gli esseri umani non possono sottrarsi alle sfide del quotidiano, ai piccoli problemi né alle grandi tragedie, ma sono chiamati ad assumersi la responsabilità delle loro azioni, e a sopportarne le conseguenze, nel bene come nel male. L’arte rappresenta uno specchio della realtà, in cui riflettersi e riconoscersi, ritrovando le proprie fragilità e le proprie risorse interiori, le ferite nascoste e il coraggio di lottare per essere se stessi e affermare la propria libertà.