Proseguono le attività espositive di Organica, il nuovo Museo di arte ambientale nel Parco del Limbara inaugurato lo scorso mese di giugno, dedicato all’arte contemporanea e alla fotografia, direttodal critico d’arte Giannella Demuro.
Si inaugurano domani, sabato 11 settembre, alle ore 11:00 nelle sale del CEDAP, due nuove mostre. Per la sezione di arte contemporanea, l’appuntamento è con Post fata resurgo la nuova e inedita personale di Paolo Carta a cura di Giannella Demuro; per la sezione di fotografia, sarà la volta della mostra collettiva Liberi di volare – fotografie di Riccardo Abozzi, Bobore Frau, Paolo Griva, Michele Santona, Edoardo Simula, Franco Porcheddu – realizzata in collaborazione con il Museo MUT di Stintino. Visitabili, lungo i sentieri del bosco di Curadureddu, le opere permanenti del Museo.
La mostra personale di Paolo Carta è un nuovo e inedito capitolo della serie Post fata resurgo: progetto aperto di cui l’artista ha già “scritto” diverse importanti pagine e che già nel titolo, allusivo alla leggenda della fenice, rivela la fede di Carta nelle capacità della Natura di non cedere alle avversità, ma di sapere risollevarsi e resistere caparbiamente anche alle prove più dure.
“Post fata resurgo / risorgerò dopo la morte” è, dunque, il proclama potente e autorevole della Natura che Carta enuncia attraverso un’operazione artistica che racconta di ferite e lacerazioni, di spaccature, vuoti drammatici e inattese rinascite. L’artista riproduce porzioni di vegetazione autoctona della Sardegna in immagini di grande formato, privandole degli elementi arborei. Ma alberi e vegetazione, seppure chirurgicamente e razionalmente cancellati dall’artista, restano riconoscibili, iconografie offese che resistono aggrappate ai contorni slabbrati della carta stampata, incuneate in profondità nel vissuto di chi guarda, tracce vive di un patrimonio identitario inalienabile.
Nel suo riflettere per immagini, azioni performatiche, assenze iconografiche e vuoti percettivi Paolo Carta esprime, infatti un forte sentimento di identità, per la costruzione e rafforzamento del quale, l’artista fa appello alla componente vegetale endemica dell’Isola. Piante come l’ulivo, il fico, il mirto, il lentisco o il fico d’india sono presenze arboree riconoscibili, appartengono alla cultura della Sardegna e della sua gente, rappresentano e custodiscono una secolare tradizione identitaria. Il loro abbattimento, la loro distruzione, lascia una ferita profonda che si rimargina con difficoltà e fatica. Ma l’arte, sostiene Carta con il suo lavoro, può contribuire a risanare quella ferita, con un processo inverso a quello che l’essere umano sempre più spesso mette in atto nei confronti della natura, restituendo immagini di una visione ricomposta senza più perdite, vuoti o assenze.
Paolo Carta vive e lavora a Cagliari e nel suo lavoro dedica particolare attenzione alla Sardegna, territorio in cui opera. La ricerca sua ricerca è volta all’osservazione del paesaggio e del soggetto arboreo in ambienti naturali e urbani; parte integrante della ricerca è la catalogazione di oggetti-resti recuperati nei luoghi osservati che favoriscono lo studio del passaggio dell’uomo. Tali oggetti vengono spesso ricostruiti o ipotizzati graficamente. Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive. Specializzato in arti visive, discipline grafiche e comunicazione, è docente in progettazione grafica, video e fotografia. È operatore culturale molto attivo: dal 2011 fa parte di Progetto Contemporaneo, associazione di promozione sociale per la ricerca nelle arti visive. Dal 2021 fa parte di Terzomolare, studio d’arte, ricerca e archivio a Cagliari, di cui è co-founder insieme agli artisti Cristina Meloni e Gianluca Melis. È stato co-founder anche di PAS_Progetto Atelier Sardegna, programma di residenze diffuse realizzato tra il 2015 e il 2018. Dal 2011 al 2013 ha seguito lo spazio indipendente MEME arte contemporanea di Cagliari.
La mostra collettiva Liberi di volare, fotografie di Riccardo Abozzi, Bobore Frau, Paolo Griva, Michele Santona, Edoardo Simula, Franco Porcheddu, è il risultato della grande passione per la natura che accomuna i sei fotografi: una piccola finestra su un mondo sconosciuto e vietato ai più. Un omaggio alla bellezza di animali così forti da sfidare le correnti ascensionali e allo stesso tempo così fragili da essere ancora oggi minacciati. Bracconaggio, avvelenamento, elettrocuzione, impatti stradali e distruzione degli habitat sono solo alcune delle principali cause di mortalità tra gli uccelli rapaci e sono tutte riconducibili all’uomo. Con le loro immagini gli autori di questi magnifici scatti, desiderano incentivare la conoscenza e il rispetto, non solo per gli uccelli rapaci, ma per tutti gli ecosistemi naturali popolati dai selvatici della Sardegna e del mondo.
“L’uomo è sempre stato affascinato dal volo. Quanto più forti sono i limiti che la natura ci impone, tanto più forte è il desiderio di avvicinarci ad essi. E più forte ancora l’ammirazione per tutte le creature esenti dai nostri umani vincoli. Negli uccelli rapaci, l’evoluzione ha dato prova del suo talento, modellando muscoli, ossa e piume in grado di solcare spazi inviolati di cielo, costringendo invece l’uomo al ruolo di semplice spettatore. Ma gli uccelli da preda sono molto più che splendidi soggetti fotografici. Sono tasselli imprescindibili dei complessi ecosistemi naturali che la nostra regione è ancora in grado di ospitare. Falchi e sparvieri, specializzati nella cattura di altri uccelli, limitano l’espansione di piccioni e corvidi. Civette e barbagianni, troppo spesso vittime di infondate superstizioni, sono oggi ospiti graditi in fienili e case di campagna, esercitando il loro controllo numerico su topi e ratti. Maestose aquile, predatori ai vertici della catena alimentare, sono in grado di catturare volpi e piccoli cinghiali. E infine i grifoni, la cui azione di smantellamento delle carcasse limita i fenomeni putrefattivi e blocca la propagazione di patogeni potenzialmente pericolosi”.
La mostra, realizzata al CEDAP con la collaborazione del MuT – Museo della Tonnara di Stintino, verrà introdotta da un intervento del direttore del Centro di allevamento e recupero della Fauna Selvatica (C.A.R.F.S.) di Bonassai, Marco Muzzeddu, uno dei massimi esperti in Sardegna di rapaci e strigiformi.
Con queste due nuove mostre, prosegue la riflessione di Organica sul rapporto uomo-natura: un nuovo momento di “incontro” con i luoghi dell’Isola, un’occasione originale per scoprire la straordinaria bellezza di questa terra, dei suoi territori e dei suoi Parchi e, allo stesso tempo, offrire spunti di riflessione sul complesso rapporto tra essere umano e ambiente naturale, sull’ecologia e sulla sostenibilità, anche nell’ottica della promozione e valorizzazione del patrimonio naturale, ambientale e paesaggistico del Parco del Limbara. Un obiettivo che viene perseguito attraverso i linguaggi visivi del nostro tempo, esplorando il lavoro di artisti che dedicano un’attenzione particolare al mondo della natura e alle tematiche ambientali e che rappresentano alcuni degli esiti più interessanti della ricerca visiva contemporanea in Sardegna e non solo.