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La Grande Prosa ad Olbia: una stagione ricca di emozioni, risate e riflessioni

Otto titoli nel cartellone del CeDAC Sardegna con grandi protagonisti della scena, da Gigio Alberti ed Amanda Sandrelli ad Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli, passando per Vanessa Scalera, Annagaia Marchioro e Federico Buffa

di Redazione
6 Dicembre 2023
in Danza, Eventi, Gallura, Teatro
🕓 9 MINUTI DI LETTURA
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Annagaia Marchioro. ? Laila Pozzo

Annagaia Marchioro. ? Laila Pozzo

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Viaggio sulla giostra delle passioni, tra amori e tradimenti, legami di sangue e sensi di colpa, per riscoprire il valore dell’arte e il potere delle parole, privilegiando l’ironia e la leggerezza tra gli strali pungenti della satira, accanto a una moderna epopea sportiva, con la Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Cine/Teatro “Olbia” di Olbia.

Inizio con brio – venerdì 12 gennaio alle 21:00 – con “#Pourparler” di Giovanna Donini, Annagaia Marchioro e Gabriele Scotti (produzione Brugole&co): un «viaggio alla scoperta delle parole, che possono essere finestre oppure muri, possono aprire dei mondi o tenerci prigionieri» come spiega l’attrice e autrice Annagaia Marchioro, volto noto del piccolo schermo, da “Saturday Night Live” a “Gli stati generali” di Serena Dandini e seguitissima sui social con i consigli di Suor Forcades e i racconti di Gina Francon, la portinaia di Palazzo Chigi. «Mi hanno sempre affascinata le parole, in modo quasi erotico. A volte per il loro significato, altre volte per la loro storia ed ogni tanto, lo ammetto, solo per il suono» – rivela l’artista veneta, protagonista del coinvolgente One-Woman-Show –. «Ci sono parole bellissime come trasverberazione, che significa la trafittura del cuore del putto da parte dell’Altissimo… parole controverse come sindaca o architetta… parole difficili da gestire come desiderare che deriva da sidera (astri) e significa sentire la mancanza delle stelle. E parole senza passato, come tiktoker o youtuber o influencer, che potrebbero sembrare funghi, o muffe, o scherzi di un poeta. Insomma, le parole sono parabole, raccontano delle storie». “#Pourparler” racconta nello stile diretto e provocatorio della Stand-Up-Comedy, tra le apparizioni in video dei personaggi creati da Annagaia Marchioro, «storie di lotta e d’amore ma anche di odio e di ribellione. Storie che fanno ridere fino alle lacrime e lacrime che aprono scorci di paesaggi umani». 

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Una riflessione sul significato della giustizia – venerdì 26 gennaio alle 21:00 – con “La sorella migliore” di Filippo Gili, con Vanessa Scalera, Daniela Marra, Giovanni Anzaldo e Michela Martini, scene di Francesco Ghisu, disegno luci di Giuseppe Filipponio, costumi di Eleonora Di Marco, per la regia di Francesco Frangipane (produzione Argot Produzioni – Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito Teatro, in coproduzione con Teatro delle Briciole). La pièce è incentrata su un caso di omicidio stradale e si interroga sulle conseguenze per il colpevole, a livello processuale ma soprattutto personale, della scoperta che la vittima, a causa di una grave malattia, avrebbe avuto soltanto pochi mesi di vita. Una sottile questione giuridica, che potrebbe influenzare l’opinione pubblica e portare a una riduzione della pena, ma non modifica le gravi responsabilità di chi sia pure involontariamente abbia causato la morte di un’altra persona. Ne “La sorella migliore” la famiglia del condannato sembra accogliere la notizia con sollievo e gratitudine, ma non tutti sono d’accordo: il danno inflitto ai parenti della donna scomparsa potrebbe apparire più lieve, ma il dolore per la perdita resta immutato e rimane il dubbio se la conoscenza di queste “circostanze attenuanti” riesca davvero ad alleviare il senso di colpa. Su questo dilemma si accende il dibattito e proprio tra le persone a lui più vicine l’uomo avverte i più forti dissensi, apprendendo che dietro l’affetto si celano una profonda amarezza e una certa ritrosia a immaginarlo di nuovo in libertà. 

Vita di coppia tra pericoli della routine e maliziose ed eccitanti “trasgressioni” – venerdì 2 febbraio alle 21:00 – con “Vicini di casa”, dalla commedia “Sentimental” di Cesc Gay, con traduzione e adattamento di Pino Tierno, nell’interpretazione di Gigio Alberti ed Amanda Sandrelli, in scena con Alessandra Acciai ed Alberto Giusta, con la regia di Antonio Zavatteri, per una riflessione sull’importanza dell’eros ma anche su tabù ed inibizioni nel terzo millennio (co-produzione Nidodiragno / CMC – Cardellino srl – Teatro Stabile di Verona, in collaborazione con il Festival Teatrale di Borgio Verezzi). La pièce mette a confronto la storia di Anna e Giulio, fondata sulla stabilità affettiva, con una bambina, un lavoro, pochi interessi e tante frustrazioni, in precario equilibrio tra amore e abitudine e l’infuocata relazione tra Laura e Toni, i vicini di casa, che «invitati per un aperitivo, irrompono nel loro appartamento e nella loro vita». La conversazione dapprima formale scivola via via su temi più intimi e personali e, mentre gli ospiti si rivelano ancora più disinibiti di quanto i loro rumorosi amplessi facessero supporre, Anna e Giulio, dapprima timidamente, poi sempre più apertamente, finiscono con il confessarsi fantasie e desideri segreti, che mai avrebbero osato, e forse neppure pensato di poter svelare. Forte del successo riscosso in Spagna, approda per la prima volta in Italia “Vicini di casa”, da “Los vecinos de arriba” di Cesc Gay, che indaga con ironia e leggerezza sulle differenti sfaccettature dell’amore, dalla tenerezza alla passione, mettendo l’accento su pregiudizi e ipocrisie della società. 

Tra mito e realtà, un icastico ritratto della “Madre Sarda” – venerdì 23 febbraio alle 21:00 – con “Oja, o Ma’”, originale spettacolo teatral-musicale liberamente tratto da “Mia madre e altre catastrofi” di Francesco Abate, nella traduzione in lingua sarda di Cristian Urru, con Lia Careddu e Rossella Faa che si alternano, in duo con Fabio Marceddu (che firma drammaturgia e regia insieme con Antonello Murgia) in un divertente “gioco delle parti” dove «tutti diventano madri e figli» (produzione Teatro dallarmadio). Un sapido racconto per quadri da cui emerge lo stretto legame tra la figura materna «nella sua variante casteddaia, una donna granitica e ironica, che non si fa schiacciare dalle sofferenze e dal destino che a volte infierisce, ma che anzi lo domina come una tigre, insegnando ai più deboli a diventare più forti» – sottolineano Fabio Marceddu ed Antonello Murgia – e le sue creature, nella fattispecie quel figlio che ormai adulto ricostruisce con sottile vena umoristica le proprie vicissitudini familiari. Dialoghi surreali, almeno apparentemente, ma fortemente ancorati alla realtà e alla dimensione del quotidiano, in cui è facile ritrovarsi e riconoscersi, nelle complesse dinamiche delle relazioni come nella chiara affermazione dell’autorità, nel rigore delle regole e delle punizioni, negli enigmi che si presentano a uno sguardo infantile come nei turbamenti e nei conflitti adolescenziali. “Oja, o Ma’”, con un titolo che è insieme espressione di insofferenza e affettuosa confidenza, è un brillante, coinvolgente e pure sorprendente divertissement, ispirato a uno dei più potenti archetipi, comune a tutte le culture: la madre. 

Ritratto di famiglia (in un inferno) – mercoledì 6 marzo alle 21:00 – con “456”, una commedia “nera” scritta e diretta da Mattia Torre e interpretata da Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri e Cristina Pellegrino con la partecipazione di Giordano Agrusta sulla difficile e forzata convivenza tra individui che non si amano e non si sopportano, in una casa isolata in mezzo a una valle (produzione Marche Teatro – Nutrimenti Terrestri – Walsh). Nella solitudine e nel vuoto di una terra desolata, i personaggi tirano fuori il peggio di sé: «padre, madre e figlio sono ignoranti, diffidenti, nervosi» – si legge nelle note –. «Si lanciano accuse, rabboccano un sugo di pomodoro lasciato dalla nonna morta anni prima, litigano, pregano, si odiano. Ognuno dei tre rappresenta per gli altri quanto di più detestabile ci sia al mondo». Una tregua necessaria, in attesa di un ospite «che può e deve cambiare il loro futuro» rivela le forti tensioni nell’aria, e comunque non durerà. “456” – da cui è stato tratto l’omonimo sequel televisivo in onda su La7, e pure il libro “4 5 6 / Morte alla famiglia”, edito da Dalai – nasce da una visione dell’Italia come astratta convenzione geografica, non corrispondente quindi a una vera comunità, ma un insieme disordinato e casuale di persone indifferenti o addirittura maldisposte le une contro le altre, interessate solo al proprio benessere e al proprio tornaconto. Un sentimento di estraneità che inizia tra le mura domestiche, all’interno del nucleo fondante, la famiglia, che diventa così crogiolo di veleni pronti a diffondersi nella società. 

"L'Anatra all'Arancia" con Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli
Federico Buffa
"Palma Bucarelli e l'altra Resistenza" di e con Cinzia Spanò
Fabio Marceddu. ? Dietrich Steinmetz
Cinzia Spanò

Una pagina (quasi) dimenticata della storia del Novecento – venerdì 22 marzo alle 21:00 – con “Palma Bucarelli e l’altra Resistenza” di e con Cinzia Spanò, con allestimento tecnico di Giuliano Almerighi, video a cura di Francesco Frongia, scene e costumi di Saverio Assumma De Vita e sound design di Alessandro Levrero (aiuto regista Valeria Perdonò), una pièce avvincente che attraverso documenti, diari e interviste ricostruisce il salvataggio delle opere d’arte in Italia durante la seconda guerra mondiale (produzione Teatro dell’Elfo). Nel giorno dell’invasione della Polonia da parte delle armate tedesche, il ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai ordinò una ricognizione delle condizioni di sicurezza di musei e gallerie d’arte: di fronte all’ipotesi di un conflitto, si decise di trasferire i capolavori dei grandi maestri per sottrarli ai bombardamenti e alle incursioni nemiche. Una missione difficile e rischiosa, in cui si impegnarono in prima persona studiosi ed esperti del calibro di Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens e Emilio Lavagnino, oltre alla stessa Palma Bucarelli, donna libera e volitiva, direttrice della Galleria d’Arte Moderna di Roma, che nascose le opere d’arte nei sotterranei di Palazzo Farnese a Caprarola. In uno scenario mutevole alle devastazioni degli ordigni si aggiunsero l’avidità e la spregiudicatezza delle forze di occupazione: storici dell’arte e direttori di musei difesero dalle razzie, a rischio della propria incolumità, un patrimonio inestimabile comprendente opere dei più grandi artisti italiani ed europei. 

Una singolare “ricetta” per riconquistare l’amore di una donna – venerdì 5 aprile alle 21:00 – con “L’Anatra all’Arancia”, scoppiettante commedia di William Douglas-Home e Marc-Gilbert Sauvajon, con Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli accanto a Ruben Rigillo e Beatrice Schiaffino, e con Antonella Piccolo, con scene di Fabiana di Marco, costumi di Alessandra Benaduce e disegno luci di Massimo Gresia, per la regia di Claudio Greg Gregori (produzione Compagnia Molière, in coproduzione con il Teatro Stabile di Verona). La pièce racconta il tentativo di un marito, colpito forse da tardiva gelosia, di persuadere la moglie, stanca della sua infedeltà e della sua indifferenza e decisa a rifarsi una vita accanto ad un altro uomo, a cambiare idea e rinunciare alla separazione: un’idea stravagante, come l’invito rivolto alla donna e al suo futuro compagno, che include anche una seducente segretaria. «L’Anatra all’Arancia” – come si legge nella presentazione – è un classico feuilleton dove i personaggi si muovono algidi ed eleganti su una scacchiera irta di trabocchetti; ogni mossa dei protagonisti, però, ne rivela le emozioni, le mette a nudo a poco a poco e il cinismo lascia il passo ai timori, all’acredine, alla rivalità, alla gelosia; in una parola all’Amore». Una commedia divertente e piena di coups de théâtre in cui i personaggi mostrano la loro fragilità e le loro debolezze, le loro inclinazioni e le loro aspirazioni: così il grande seduttore e “gourmand” si scopre ancora innamorato della moglie, lei pare quasi indecisa tra i due uomini e la segretaria aggiunge una nota “piccante” alla trama, tra spunti di riflessione e ironia.

Storia di un campione, icona dello sport mondiale – venerdì 19 aprile alle 21:00 – con “Number 23 / Vita e splendori di Michael Jordan”, il nuovo spettacolo di Federico Buffa, protagonista sulle note del pianoforte di Alessandro Nidi: il celebre giornalista rievoca le epiche imprese di uno dei più grandi giocatori di pallacanestro di tutti i tempi, in un monologo avvincente che mette in luce il talento e le capacità di un atleta (e un uomo) straordinario (produzione International Music and Arts). Mito del basket, capace di cambiare il destino di una squadra e le sorti di un torneo, Michael Jordan con la sua personalità e il suo carisma ha conquistato il pubblico, costruendo e reinventando la propria immagine: «Le sue prodezze sul parquet dal 1984 al 2003 sono state linfa e traino della sua narrazione una volta diventato imprenditore, proprietario di uno dei marchi sportivi più riconoscibili al mondo» – sottolinea Federico Buffa –. «Quando arriva nella Lega riesce sin da subito a far capire a campioni dello spessore di Magic Johnson e Larry Bird quale sia la sua pasta, nonostante la giovane età». Una carriera costellata di successi, che fa di MJ un vero eroe moderno, con le sue incertezze, il suo coraggio e la sua determinazione: «una cavalcata che lo porta a vincere sei titoli NBA e ad infrangere record individuali e di squadra: numeri che raccontano soltanto in parte però la grandezza di un personaggio difficile da limitare e restringere all’interno del recinto delle statistiche». Oltre agli ori olimpici e alle vittorie con la nazionale, accanto alle indimenticabili stagioni con i Chicago Bulls, Michael Jordan ha ricevuto dal presidente Barack Obama la Presidential Medal of Freedom.

L’abbonamento a 8 spettacoli costa €110 euro; i biglietti per i singoli spettacoli €16. Per informazioni e prenotazioni: cinemaolbia.it – tel 0789.28773 – cell. 329.8408584 – cedacsardegna.it.

Tags: CedacEmilio SolfrizziFederico BuffaOlbiaprosa
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Dalle trincee del Carso agli Altipiani, ogni sala rievoca le imprese di quei soldati che hanno trasformato il valore in memoria collettiva. Un viaggio nella storia sarda che unisce emozione e orgoglio, tra cimeli autentici e testimonianze di chi ha scritto una pagina indelebile del Novecento. ✨ 
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  • 🔥🌑 Le leggende popolari della Sardegna sono un vero patrimonio di misteri e insegnamenti tramandati da secoli. Tra le mura di antiche case e davanti al fuoco, venivano narrate storie capaci di incutere timore e, allo stesso tempo, di educare i più piccoli e la comunità. 
🏚️🌧️🧙‍♀️ Protagonisti oscuri come Mommotti, l’orco pronto a rapire chi disobbediva, Maria Ortighedda con il suo grembiule pieno di ortiche pungenti, Su Carru de Nannai che sfrecciava tra i temporali rumorosi e la strega dei pozzi Maria Farranca, sono solo alcune delle figure nate per mettere in guardia, insegnare rispetto e proteggere da pericoli reali. 
Questi personaggi, spesso al confine tra il mondo reale e quello sovrannaturale, hanno avuto il compito di custodire l’equilibrio in famiglia, di ammonire e rassicurare, trasformando la paura in saggezza collettiva. Ogni racconto racchiude una lezione: non è solo folklore, ma la chiave per comprendere meglio la cultura sarda e il valore della parola tramandata. 📖✨ 
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