Alle ore 21:45 del 13 gennaio 2012, la nave da crociera Costa Concordia che viaggiava verso Savona urtò contro le Scole, un insieme di scogli posizionati davanti all’Isola del Giglio. In quel momento il comandante Francesco Schettino e la sua squadra stavano effettuando il cosiddetto “inchino”, ovvero una serie di manovre che vengono solitamente compiute nei pressi dei centri costieri in segno di saluto nei confronti di chi osserva da terra. Ma quella sera una serie di valutazioni errate portarono la nave ad impattare sugli scogli causando un ampio squarcio sullo scafo e il parziale affondamento della nave. L’incidente si aggravò anche a causa del ritardo nell’inviare l’allarme e tra le 4.229 persone a bordo, persero la vita 32 passeggeri e altri 157 rimasero feriti. Ma lo sbaglio di Schettino, purtroppo, non è che uno tra i tanti disastri avvenuti in mare.
Prima della tragedia della Costa Concordia, il 26 settembre 2002, sono state invece ben 1.863 le vittime del naufragio del traghetto senegalese Le Joola, affondato a causa di una tempesta al largo delle coste del Gambia. Il traghetto aveva una capacità di 550 passeggeri ma era sovraccarico e si ritiene che tale sovraffollamento e la cattiva manutenzione della nave siano stati i responsabili del suo naufragio. Fra i 64 sopravvissuti vi era una donna che chiamò la bambina che portava in grembo al momento dell’incidente con il nome della nave: Joola.
Il 10 aprile del 1991, alle ore 22:25, la nave Moby Prince prese fuoco dopo essersi scontrata con la petroliera AGIP Abruzzo poche miglia al largo del porto di Livorno. Si trattò del più grande disastro in mare avvenuto in Italia fino a quel momento e in tempo di pace. In seguito alla collisione si sviluppò un vastissimo incendio che venne alimentato dal petrolio fuoriuscito dalla petroliera e che avvolse il traghetto causando la morte di 140 persone. Tra i passeggeri della nave vi fu un solo superstite, il giovane marinaio napoletano Alessio Bertrand.
Ma l’incidente marittimo civile più mortale della storia avvenne la sera del 20 dicembre 1987, quando la nave passeggeri Doña Paz affondò al largo dell’Isola di Marinduque, nel centro delle Filippine, dopo essersi scontrata con una imbarcazione petroliera e aver preso fuoco. Il traghetto era sovraccarico di passeggeri e i morti furono almeno 3.000, ma si pensa che il calcolo sia impreciso perché in tantissimi sulla nave non risultavano ufficialmente registrati. Si salvarono solamente 26 persone.
Il naufragio maggiormente inciso nella memoria degli italiani però è probabilmente quello del transatlantico Andrea Doria, perla della cantieristica italiana che si trovava in viaggio il 25 luglio 1956 verso New York. La notte, poco dopo le 23, un urto fortissimo scosse la nave governata dal capitano italiano Piero Calamai. A causa della nebbia e di un errore del comandante Gunnar Nordenson, l’imbarcazione rompighiaccio svedese Stockholm aveva colpito con la sua prua la fiancata dell’Andrea Doria, che iniziò subito a imbarcare acqua. Le operazioni di evacuazione e di soccorso vennero eseguite in maniera tempestiva e permisero di salvare la vita a 1.660 passeggeri (in 46 persero invece la vita). Il capitano Piero Calamai, come da protocollo, fu l’ultimo a scendere dalla nave dopo essersi assicurato che non ci fossero altre persone da mettere in salvo.
Una tragedia che spesso viene dimenticata è invece quella avvenuta nel 1915 e che vede protagonista il transatlantico Lusitania. La nave venne colpita da un siluro di un sommergibile tedesco e anche se era dotata di abbastanza scialuppe per salvare tutti i passeggeri, molte di queste a causa dell’esplosione piombarono sui ponti, staccandosi dalle gru e colpendo le persone a bordo. La Lusitania affondò in soli 18 minuti e dei 1.949 passeggeri se ne salvarono solo 751. Provocò quindi la morte di ben 1.198 persone.
L’RMS Titanic è senz’altro il naufragio più famoso di tutti i tempi, anche grazie al film che di generazione in generazione continua ad essere tramandato come una tra le più importanti pellicole. La nave britannica, tra le più grandi e sfarzose del periodo, era partita da Southampton e stava affrontando il suo viaggio inaugurale verso New York. In mezzo all’Oceano Atlantico però si scontrò contro un iceberg che la affondò in due ore e 40 minuti. L’urto aveva danneggiato lo scafo creando una grossa apertura che aveva fatto entrare sulla nave molta acqua. I segnali di soccorso vennero inviati subito ma nessun’altra nave era abbastanza vicina per mettere in salvo i passeggeri in tempo. Inoltre, il numero delle scialuppe di salvataggio era inferiore rispetto al numero totale delle persone a bordo e alcune di queste barche vennero calate in mare prima di essere riempite fino alla loro piena capacità. Delle 2.228 persone a bordo se ne salvarono solo 705.