Un campione, un modello per le vecchie e per le nuove generazioni, un grande promotore del rapporto sport – diversabilità: Gianfranco Onorato, noto Jeff, è tutto questo e molto altro, ma prima ancora è l’uomo che ha sfrattato dalla sua vita la parola “impossibile”. Rimasto vittima di un incidente stradale a soli 23 anni, Jeff ha un braccio paralizzato e una gamba menomata; ma nulla di tutto ciò gli ha impedito di diventare una star dello Sci Nautico (3 volte campione del mondo, senza contare i titoli europei e nazionali) e un Maestro federale. Dopo un recente infortunio in allenamento, il Campione maddalenino ha dato il suo addio al mondo delle gare, inaugurando una nuova stagione della sua ricchissima esperienza di vita.
Jeff, dopo 21 anni hai messo la parola fine alla tua carriera agonistica. Cosa succede ora? Con quali progetti e con che prospettive guardi al futuro?
Direi che termina la mia esperienza da atleta ma si rafforza quella da Maestro della Federazione Italiana di Sci Nautico e sarò, pertanto, promotore di tutti quei pensieri e di tutte quelle azioni che io ritengo meritevoli di essere donate al prossimo; è un ruolo, quest’ultimo, che non ha limiti anagrafici e che spero possa accompagnarmi per il resto dei miei giorni. Nel mio futuro, come nel mio presente, c’è la scuola di Sci Nautico che io dirigo, la Saint Tropez; è una scuola che – oltre ad avere come allievi persone normodotate – ha spalancato le porte alla diversabilità: siamo l’unica scuola al mondo che accoglie ragazzi autistici, ragazzi down, giovani con menomazioni mentali ed altre patologie simili. Con passione, amore e professionalità riusciamo a insegnare loro la disciplina e li introduciamo in un mondo che non conoscevano e che può cambiare la loro vita.
Nel 2009 hai partecipato ai Campionati europei per normodotati e hai portato a casa il IV posto assoluto; cosa ha significato per te questa esperienza?
È stata una delle più belle esperienze della mia vita perché ho dimostrato che con carattere e buona volontà si può usare il proprio corpo – anche se deficitario come nel mio caso – in un modo tale da produrre un rendimento pari a quello dei normodotati. Il IV posto in un Campionato europeo – a 30 punti dal podio – è stata una grande vittoria perché da una parte c’era un punteggio tecnico che mi consentiva di stare con coloro che avevano più braccia e, dall’altra, ho dimostrato che non è il numero delle braccia che conta nella vita ma è il modo in cui affronti la tua condizione: se tu sei capace di trasformare le tue debolezze nelle tue forze tutto può accadere e puoi persino meravigliare te stesso.
Nella tua carriera hai vinto tantissimo: mondiali, europei, campionati nazionali; c’è una medaglia che per te ha un valore diverso dalle altre?
Più che una medaglia sceglierei un titolo, ovvero quello di Maestro della Federazione Italiana di Sci Nautico. Il brevetto che ho ottenuto vale più di tutte le mie medaglie perché conquistato in una condizione che non aveva precedenti e perché, ad oggi, nessuno si è più presentato con un braccio solo per ricevere il brevetto da Istruttore e poi da Maestro. Ho messo in difficoltà tutto l’apparato degli esami, gli istruttori, chi era chiamato a giudicarmi; ho messo in soggezione persino i miei colleghi e devo dire che rispetto a loro, inizialmente, mi sono sentito un po’ come il brutto anatroccolo! Superato l’esame, però, mi è sembrato di essere un principe azzurro.
Come giudichi il rapporto sport – disabilità?
È la materia più potente dell’universo. Attraverso la giusta dose di ambizione, l’abolizione di preconcetti e la fiducia in se stessi, si può trasformare la propria vita tramite lo sport. Io ho avuto questo privilegio e ancora tutto deve cominciare: all’età di 64 anni ho orizzonti sconfinati davanti a me per provare gioie e piaceri e, allo stesso tempo, per donare agli altri ciò che ho acquisito.