Esistono metodi che permettono di ridurre ansia, dolore e portare il paziente ad uno stato di rilassamento senza far intervenire i classici farmaci più o meno potenti?
La risposta, in base alla mia esperienza pratica, è sì. Uno di questi sistemi, che mi affascina fin dai primi tempi della mia carriera professionale, è l’auricoloterapia. Complice il vecchio regime di studi universitari che, fino a qualche decennio fa, richiedeva di studiare medicina prima di specializzarsi in odontoiatria, ho avuto modo di sviluppare un profondo interesse per l’approccio olistico nella cura.
Per olismo intendo il guardare il paziente in maniera globale, ricercando l’origine del suo malessere non per forza nel nostro ambito di specializzazione – nel mio caso la bocca – ma andando a guardare oltre, per individuare le cause – e le soluzioni – più adatte al suo caso.
Per raggiungere le origini dell’auricoloterapia bisogna muovere da molto lontano. Già gli egiziani, i cinesi e i greci avevano individuato più di duemila anni fa nell’orecchio un organo riflessogeno, a cui erano collegate altre parti del corpo. Da questo rapporto derivava il fatto che, agendo su di esso, si potevano ottenere reazioni benefiche in queste ultime.
Lo studio moderno di questa tecnica risale al medico francese Paul Nogier, di Lione, che nel 1951 si accorse che diversi suoi pazienti affetti da tempo da sciatica e lombalgia, vedevano sparire del tutto il dolore alla schiena dopo una piccola bruciatura all’orecchio, secondo un metodo di cura empirico praticato da secoli in Corsica.
Affascinato dalla scoperta, la studiò e analizzò per diversi anni, fino alla pubblicazione di un manuale completo nel 1956, che divenne una vera e propria mappa corporea di patologie e riflesso-terapie a partenza nell’orecchio.
Nel caso dell’odontoiatria, le sue tecniche risultano molto utili in diversi momenti delle cure dentali. Innanzitutto è importante l’effetto antidolorifico dopo gli interventi complessi di chirurgia orale, oltre che ridurre in grande misura l’ansia in fase pre, durante e post intervento.
In alcuni casi, soprattutto per la piccola chirurgia, può risultare un perfetto analgesico, evitando quindi l’utilizzo della classica anestesia. In genere il suo effetto è rilassante e rasserenante, cosa che ci permette di utilizzarlo quando interveniamo con manipolazioni dell’ATM, ovvero quell’articolazione temporo-mandibolare che causa spesso dolori e disagi nei pazienti gnatologici.
Ho constatato con i miei occhi gli effetti sui pazienti ansiosi, spaventati alla sola idea di accomodarsi sulla poltroncina del dentista. Nel loro caso l’effetto ansiolitico, prodotto dal posizionamento nella corretta zona del padiglione auricolare di un minuscolo magnete o seme di vaccaria, oppure un piccolissimo ago, si rivela estremamente efficace.
Ovviamente questo approccio non sostituisce mai la tecnica scientifica moderna, ma si accompagna ad essa, supportando l’alta professionalità clinica che il dentista deve sempre mettere in campo, curando con attenzione e fino al minimo dettaglio ogni aspetto della sua preparazione.
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