Buongiorno amici lettori,
questa è una storia di vita e d’amore che esce dai soliti canoni a cui si è abituati nel quotidiano, trasmette energia ed un messaggio positivo.
Due uomini e una culla di Andrea Simone non è un’opera di fantasia ma una storia vera.
Ancor prima di iniziare la lettura mi ha colpito la copertina del libro, molto colorata e il titolo mi ha ricordato un famoso film degli anni ’80; in realtà non c’entra niente con quella storia, perché qui si tocca una tematica molto attuale e controversa.
Ma partiamo dalla prefazione del libro, scritta da una persona che stimo molto, Lella Costa, grande amica dell’autore, che ha saputo mettere in risalto l’amore, vera essenza del libro, quindi a mio avviso pensiero tutt’altro che banale.
Di solito le prefazioni mi annoiano, invece Lella Costa tocca i tasti giusti, quelli che ti scavano sotto la pelle e ti fanno emozionare. Ma anche cosa spinge noi autori a scrivere?
Le motivazioni più belle e disparate e credo che in questo caso Andrea, che è un giornalista, blogger e scrittore, ci abbia messo a conoscenza di un suo pezzo importante di vita, per condividerla con tutti noi e per farlo si è messo a nudo, incidendo nero su bianco i suoi pensieri e le sue emozioni, portando un argomento impegnativo e personale come la gestazione per altri al centro della storia.
Questa è una realtà attuale, e il fatto che se ne discuta e se ne inizi a parlare seriamente, mi fa ben sperare che la mentalità delle persone si stia evolvendo.
Penso che l’amore abbia il potere di renderci delle persone migliori, e leggere la storia di Andrea e la sua famiglia mi ha lasciato una sensazione di ottimismo per il futuro dei nostri figli.
Il libro narra di Andrea e Gianni che decidono di unirsi in matrimonio in un momento in cui in Italia non era permesso, così si recano a New York city e coronano lì il loro sogno d’amore.
Ma non è la storia del loro matrimonio, è molto di più, è la cronaca di una scelta, la decisione consapevole di avere un figlio. Metterlo in cantiere, cosa più difficile per i maschietti rispetto le donne, ma soprattutto andare fino in fondo malgrado tutte le difficoltà.
È un diario, se volete può essere anche un diario di viaggio visto che i due protagonisti della storia devono andare fino in California per poter avere una gravidanza per altri (controllata e garantita), qui avviene il vero miracolo perché nasce Anna, la loro splendida bambina.
L’autore descrive con dovizia di particolari i momenti di questa avventura, scandendoli con date e riferimenti, facendoci vivere i suoi stati d’animo, perché non è mai semplice mettere al mondo un figlio. Ci sono descrizioni dei luoghi, della loro vita in famiglia, il loro cane Lasko e i loro preziosi amici.
Consiglio questo libro a chi ama i diari o le biografie, perché Andrea fa proprio la cronaca di un periodo importantissimo della sua vita con incursioni sul suo passato, a volte doloroso. È un uomo che parla senza peli sulla lingua, che sa trasmettere i sentimenti, questo però non è un libro militante ma un’opera di sensibilizzazione, credo che per meglio comprendere certe dinamiche bisognerebbe “informarsi e conoscere”.
Il messaggio che ho colto è questo: “L’unica cosa che conta è l’amore, perché l’amore vince sempre!”
Due uomini e una culla, Golem edizioni. 173 pagine che si leggono velocissime, è molto scorrevole. Mi piace molto lo stile di Andrea, chiaro e incisivo.
Di seguito alcune risposte dell’intervista ad Andrea Simone Mongiardino.
Perché hai scritto questo libro?
Ho scritto questo libro perché ho voluto tenere un diario della meravigliosa esperienza della paternità. L’ho fatto soprattutto perché ho voluto mettere su carta le emozioni esattamente come le stavo vivendo nel momento in cui le provavo, emozioni che magari con il passare del tempo si sarebbero un po’ sbiadite. E poi perché mi piacerebbe molto che Anna, quando avrà l’età giusta per farlo, verso gli 8, i 9 o i 10 anni, avesse un documento tra le mani che le permetterà di leggere nei dettagli la sua storia e di capire quanto l’abbiamo desiderata e quanto l’amiamo.
Parlaci di te e del tuo amore per la scrittura: come nasce?
Ho avuto un padre giornalista che faceva l’inviato di guerra al “Corriere della sera” e che portava a casa quattro quotidiani al giorno. Scrivere mi è sempre piaciuto, tant’è che pur non avendo fatto un percorso scolastico eccellente, mi sono sempre salvato grazie al fatto che andavo bene in italiano e che ero uno di quelli che facevano bene i temi. Poi, crescendo, ho scelto di fare il giornalista, un mestiere molto simile a quello dello scrittore.
Vorrei che ci parlassi della tua storia con Gianni in modo da capire l’amore che vi unisce.
Ci siamo conosciuti nel 2002 a casa di amici. Io avevo 28 anni, lui 34. Poi ci siamo persi di vista per ben sette anni. Ci siamo ritrovati nell’inverno del 2009 per puro caso, incontrandoci nella zona in cui vivevo allora, la Chinatown milanese. Ci siamo riconosciuti e lui mi piaceva già allora, o perlomeno mi era stato molto simpatico fin dalla prima sera che lo avevo conosciuto. Ci siamo scambiati di nuovo i numeri di telefono che in quei sette anni che non ci eravamo visti avevamo perso. Gli scrissi un messaggio chiedendogli se gli andava di uscire a cena: lo sventurato rispose. Il 14 gennaio di quest’anno abbiamo festeggiato 10 anni di vita insieme. Dal febbraio 2011 conviviamo, il 29 marzo 2013 ci siamo sposati a New York e il nostro amore è stato coronato il 2 agosto 2014 dalla nascita di Anna.
Com’è nata l’idea di avere un figlio? Come mai non avete adottato un bambino anziché rivolgervi per un percorso di gravidanza/gestazione per altri?
Beh, io ho sempre desiderato avere dei figli, anche se a 30 anni avevo accantonato un po’ l’idea. Ho dei nipoti e mi bastavano loro. Forse però, proprio perché verso i 37-38 anni ho capito che Gianni era la persona con cui volevo dividere il resto della mia vita, ho deciso che per essere veramente perfetto e completo, il nostro legame aveva bisogno di un figlio. È una scelta che sono contentissimo di avere fatto e che rifarei immediatamente. Non abbiamo adottato per il semplice motivo che in Italia non è consentito ai single, figuriamoci a una coppia gay.
So che avete dato ad Anna quattro nomi, uno dei quali della tua cantante preferita. Parlaci di lei.
Anna si chiama Anna, Dina e Maria, come le due nonne, e Whitney. Il libro è anche un po’ dedicato a Whitney Houston, la mia cantante preferita, che ci ha lasciato l’11 febbraio 2012 e che ha fatto il tipo di vita che sappiamo tutti: è stata uccisa da una dose letale di alcol, stupefacenti e antidepressivi, ma soprattutto dalla solitudine e dal rapporto con un marito violento. C’è una sua canzone, che è anche un po’ la colonna sonora del libro, che è “Greatest love of all”, che io amo moltissimo e che ancora oggi – con 29 milioni di copie vendute – è il singolo di una cantante esordiente che ha venduto di più nella storia della musica. In questa canzone c’è un verso che io amo molto e che dice “Let the children’s laughter remind us how we used to be”. Significa “lasciate che la risata dei bambini ci ricordi come eravamo. È l’augurio che faccio a tutti quelli che vorranno leggere “Due uomini e una culla”.
Buona lettura
Aurora Redville