Buon giorno amici, vi auguro buon inizio anno!
Eccomi finalmente a parlare di un altro autore emergente. Mi scuso per il ritardo con cui sto pubblicando i post ma, a volte il lavoro di mamma richiede più tempo del previsto soprattutto se i bimbi sono a casa malati, o in vacanza. Io vorrei tanto estraniarmi nel mio studio e pensare ai nuovi personaggi che in questo momento si stanno creando nella mia testa, ma non puoi e ti ritrovi a leggere i libri ai tuoi bimbi o fargli fare un po’ di compiti, o semplicemente a giocare con loro.
Si tratta di rinunciare a del tempo per sé stessi ma è più che ripagato quando li guardo negli occhi e loro mi sorridono, con quei grandi occhioni azzurri… e io mi sciolgo.
Durante queste vacanze sono riuscita a leggere solo due libri la sera seduta sul divano, e senza andare a dormire troppo tardi, ero sempre esausta dalle giornate e dalle svariate attività all’aperto. Ma la nostra mente è sempre in continua elaborazione, i nostri personaggi prendono forma giorno dopo giorno è un attimo dargli vita, basta annotare su un foglio di carta e piano piano si crea qualcosa di speciale.
Anche Diego Cabras ha dei figli e quindi sa perfettamente di cosa parlo, infatti mentre parlavamo del suo romanzo mi ha dato anche da leggere un racconto bellissimo per bambini che ha scritto in pochissimo tempo durante una pausa da lavoro, e con “pausa” intendo un pomeriggio. A me è piaciuto molto così l’ho letto subito ai miei figli.
Ma non devo perdere di vista l’essenza di questo articolo, io sono qui per raccontarvi un po’ di questo ragazzo, di questo giovane autore, ma ancora non voglio rivelarvi troppo del romanzo, parliamo un po’ di Diego.
Mi piace fare delle interviste agli autori perché viene fuori sempre qualcosa di interessante, del resto chi scrive un libro ha sempre qualcosa di stuzzicante da dire, primo perché ti metti a nudo, o meglio metti a nudo i tuoi pensieri e le tue idee e questo è sempre molto intrigante.
Ci sono persone che non hanno avuto vite avventurose, ma che hanno vissuto la loro esistenza sempre nello stesso posto, senza la minima curiosità per il mondo che le circondava o forse avevano paura dell’ignoto, eppure hanno scritto dei libri bellissimi.
Però non è questo il caso, Diego ha vissuto una vita davvero molto avventurosa già da ragazzino. Ma partiamo dal principio, la prima domanda…
Quando è nata la tua passione per la scrittura?
“Erano anni che sognavo di scrivere un romanzo, ma non mi ero mai sentito in grado di farlo; non avevo idea di come si dovesse iniziare. Anni fa avevo aiutato un mio amico scrittore per un suo libro e la mia voglia aumentava.
Nel 2016 un giorno che ero in macchina con mia moglie invece… cercava qualcosa nella borsetta, le dissi che doveva esserci un buco nero in fondo alle borse delle donne e pensai: ” È una buona idea per un racconto!” appena arrivato a casa ho preso carta e penna (si, carta e penna!) e ho scoperto che i racconti si “scrivono da soli”.”
Hai altri hobby?
“Oltre a scrivere? Leggere! A parte gli scherzi, attualmente il mio unico hobby è la mia famiglia.”
Hai viaggiato molto, cosa facevi? Che posto hai amato di più?
“Ho fatto lo stalliere e guida equestre, il velista e l’istruttore subacqueo… un po’ qua e un po’ là! Sicuramente il posto che ho amato di più è Sharm el Sheikh, dove ho vissuto 13 anni, ho trovato moglie e avuto i miei figli!”
Adesso che cosa fai nella vita? (lavoro)
“Attualmente possiedo e gestisco un bel B&B a Firenze dove lavoro insieme a mia moglie (sì, siamo strani. Ci è sempre piaciuto lavorare insieme)”
Ti piace leggere, che genere prediligi?
“Sono un lettore alquanto onnivoro e compulsivo, anche se ho sicuramente una passione esagerata per il romanzo storico. Una menzione a parte la merita Chuck Palaniuk, per il quale ho una vera venerazione!”
Quanto hanno contribuito le tue esperienze di vita in quello che c’è nel romanzo? Il personaggio principale ti somiglia?
“Sicuramente in ogni storia che scrivo c’è sempre una parte autobiografica, attingo continuamente alle mie esperienze di vita… però penso che stia al lettore cercare di capire dov’è lo scrittore e dov’è la fantasia. Jack fisicamente non mi assomiglia per niente: lui è alto biondo e ricciuto, io invece sono basso, castano e liscio! Nonostante questo però direi che per descriverne i processi mentali ho sicuramente attinto ai miei ricordi di trentenne (ormai è passato un bel po’), soprattutto per rendere verosimile l’arroganza e l’egoismo di fondo del giovane uomo ambizioso, quale sicuramente ero a quell’età!”
Nella vita reale giochi ai video games?
“Assolutamente no! Anche da ragazzino preferivo il flipper ai videogames”
A che età sei andato via di casa?
“Letteralmente scappato a 19 anni …ma ho cominciato a fare le prove dai 14.”
Dove sei andato la prima volta?
“Da ragazzo usavo tutte le vacanze estive per lavorare negli agriturismi coi cavalli, nel Chianti e Maremma.
Poi sono andato via di casa definitivamente dopo la maturità, facevo il marinaio in regata, quindi in giro per tutto il mediterraneo. Tre volte all’anno tornavo a casa e davo un po’ di esami.
Mi sono appassionato alle immersioni così sono diventato istruttore subacqueo: toscana, Cuba, Sudan e infine Egitto, ma dopo la primavera araba son dovuto tornare qua per via dei bambini, non era più sicuro, io cominciavo ad esser vecchio e mio figlio doveva iniziare le elementari.
Appena avranno fatto entrambi la maturità me ne andrò in Spagna o in Messico”.
Ma adesso parliamo un po’ del libro.
Come mai hai scritto un libro di questo tipo? Cosa ti ha ispirato?
“Questo è un libro “nato al contrario”. Mi spiego: un giorno stavo passeggiando e canticchiavo una canzone nel cui ritornello c’era la parola “never”, ripetendola ossessivamente trovai che l’espressione Never Never avesse un bel suono e cominciai a chiedermi: “Cosa potrebbe essere? … Il nome di un videogame!!” Da lì ho dovuto inventarmi un visore per la realtà virtuale che permettesse di fare tutto ciò che normalmente è vietato dalla morale comune. Insomma, è nato prima il titolo e da lì poi tutto il resto!”
E dopo questa introduzione non resta che svelare la trama!!
Trama. Quando Jack accetta con entusiasmo l’invito a passare un week-end nella megavilla fuori Roma di Gloria, il suo attraente capo, crede di essere finalmente riuscito a farla capitolare: non sa, invece, che sarà l’inizio dell’apocalisse e che proprio lui ne sarà l’artefice. Jack, programmatore esperto, è stato infatti invitato da Gloria per testare un nuovo videogioco per smartphone su cui l’azienda ha investito tutti i suoi utili: Never Never. Attraverso la realtà aumentata il gioco permette agli utenti di compiere impunemente tutte quelle azioni che nella vita di ogni giorno non sono permesse dalla morale e dalle convenzioni sociali.
È un successo planetario e Jack diventa ricco e famoso, fino a quando il gioco inizia a mostrare i primi effetti collaterali: sembra creare una strana dipendenza nei giocatori psicologicamente più deboli, che non riescono più a distinguere la realtà dal gioco, diventando violenti e molto pericolosi…
Il mio pensiero. Ho conosciuto Diego tramite un amico, cioè in realtà non ci conosciamo di persona ma grazie alle nostre radici abbiamo avuto modo di scoprirci attraverso i nostri libri, e ho letto con molto piacere il suo romanzo d’esordio Never Never, edito da Bookabook nel 2018.
Intanto mi è piaciuto perché è scanzonato, allegro e ironico. Ha saputo affrontare una tematica controversa con uno spirito leggero.
Poi oltre che di realtà virtuale si parla di molto altro, dei sogni di un ragazzo e di ciò che gli succede, infatti ci sono due personaggi principali, Jack e Gloria ed è riuscito a caratterizzarli nel modo giusto, mi sono piaciuti con i loro enigmi, debolezze e difetti.
Quello di Gloria poi ha saputo stupirmi soprattutto nel finale.
In passato ho letto qualche libro di fantascienza e devo dire che per quanto sia un mix di cose c’è anche molto di un immaginario di quel tipo, la fantascienza riesce a renderci consapevoli di ciò che potrebbe accadere in un futuro non troppo lontano, e Diego ha messo in risalto le debolezze dell’uomo e del nostro futuro.
L’alienazione che entra nel nostro inconscio e si rivela con molteplici sfaccettature.
Ma la cosa che mi è piaciuta di più essendo io una inguaribile romanticona è che anche quando tutto sembra perduto qualcosa di buono arriva…
Il suo stile è veloce e scorrevole, mai noioso, non si perde in descrizioni che distoglierebbero il lettore dalla storia ma anzi si resta incollati alle pagine fino alla fine.
Ho impiegato solo due giorni a leggerlo, solo 160 pagine quindi mi sono detta “ci sarà un seguito?”
L’ho domandato all’autore.
Il finale mi è piaciuto tantissimo ma è aperto, ci sarà un seguito?
“Onestamente non ci avevo mai pensato, per me è una storia “chiusa” ma.… never say never!!”
Diego ha avuto una vita molto intensa, che lo ha portato a conoscere posti lontani e molto diversi dall’Italia. Immagino che abbia aperto la sua mente e che grazie alle sue esperienze avrà sempre molto materiale per i suoi romanzi futuri.
Perché lo sanno tutti che viaggiare apre nuovi orizzonti a nuove fantastiche avventure… sulla carta o non.
In bocca al lupo Diego!
Buona lettura
Aurora Redville